La storia della Tiella di Gaeta, sorta di pizza ripiena di verdure o pesce (polpi, alici, scarola, cipolle) si lega indissolubilmente alla storia della città. Basti pensare che il primo documento ufficiale nel quale è riportata la parola pizza è contenuto nel Codex Diplomaticus Caietanus del 997.
L’evento dedicato alla Tiella, prodotto tradizionale della Regione Lazio, si svolgerà sabato 21 maggio e venerdì 22 maggio 2011 nella centralissima Piazza della Libertà di Gaeta e consentirà di conoscere e degustare questa antica pietanza nei suoi diversi tipi, le modalità di preparazione ed i suoi ingredienti semplici ma pregiati come verdure, pesce, le famose olive di Gaeta e le alici sotto sale del golfo di Gaeta.
LA TIELLA
Piatto tipico Gaetano, la tiella è una via di mezzo tra la pizza e i prodotti del mare e nasce dalla necessità di consumare sia il pescato che la farina. La storia di questa pietanza è legata esclusivamente a Gaeta.
Da questa secolare tradizione la tiella permetteva a contadini e pescatori di avere un pasto completo che si conservasse anche per alcuni giorni. Si narra che Ferdinando IV di Borbone ne fosse un grande estimatore, anzi secondo alcuni ne fu proprio l’inventore. Sembra, infatti, che il sovrano nei suoi soggiorni a Gaeta preferisse confondersi con gli abitanti del borgo marinaro e contadino posto fuori le mura e fu in questi luoghi che stupito dall’abilità con la quale le massaie preparavano la pizza elaborò il doppio strato di pasta con il ripieno di pesce o verdura, la tiella appunto, da lui considerata “primo, secondo e terzo”.
Ed anche l’aristocrazia cominciò ad apprezzarla, in particolare quella con i calamaretti, pregiatissima; mentre sarde, alici, scarola e baccalà erano le più diffuse tra il popolo del borgo marinaro e contadino che ancora oggi ne custodisce il segreto. Dopo la caduta del regno Borbonico nel 1860 divenne pasto principale per tutti gli emigranti che fino agli anni ’50 lasciavano Gaeta alla ricerca di un lavoro. Ridimensionata nel consumo durante i periodi del boom economico, anche perché ricordava miseria ed arretratezza, negli ultimi anni è ritornata prepotentemente alla ribalta per la sua innegabile bontà.
Da un punto di vista gastronomico la Tiella di Gaeta è composta di due sottili strati circolari di pasta, posti uno sull’altro, chiusi lungo i bordi per compressione, il ripieno è costituito da prodotti di terra o di mare, o da entrambi, come nel caso di scarola e baccalà. Non è semplice a farsi, perché una buona Tiella deve essere umida nel ripieno, morbida e non inzuppata nella pasta esterna, che deve essere sottile e ben cotta anche nella sfoglia inferiore. Fondamentale è il ripieno, la cui accurata preparazione e l’uso d’ingredienti genuini rappresentano il segreto principale della sua bontà.
Riportiamo una curiosa descrizione dell’approccio gustativo estrapolata dal libro di Pasquale Di Ciaccio Gaeta-Guida Turistica (Gaeta 1976): “La si mangia a quarti, senza l’aiuto delle posate. Non c’è gusto se non la si prende tra le dita. La prima verifica della riuscita si effettua sul requisito della compattezza. In un esemplare che si rispetti il lembo inferiore non deve essere gommoso da appiccicarsi ai denti o al palato, né spenzolare dalle dita come la lingua d’un cane affannato facendo sgocciolare frammenti del ripieno. I nostri avi la preferivano condita abbondantemente. L’olio, dicevano, deve poter scorrere sulle avambraccia. Difatti si rimboccavano le maniche prima di mettersi a tavola. Oggi che la fragilità del nostro apparato digerente impone problemi di linea e di dieta, il ricorso all’olio e alle spezie s’è fatto molto moderato; senza peraltro che ne abbia sofferto il sapore e l’aroma. La prodigiosa adattabilità ai mezzi che di volta in volta ci offre il progresso ha consentito alla tiella di conservare le sue essenziali qualità originarie. E’ il suo pregio maggiore, il segreto della sua fortuna, della sua abbagliante vitalità.”
LE OLIVE DI GAETA
L’oliva di Gaeta contraddistingue un frutto di forma leggermente affusolata, di colore violaceo, di sapore vinoso, amarostico con sfumature acetiche, prodotto prevalentemente nel territorio comprendente Gaeta ed i comuni limitrofi siti sui Monti Aurunci in provincia di Latina.
Viene usata per produrre un ottimo olio e soprattutto le olive in salamoia (localmente olive all’acqua) che si prestano per gli usi più svariati in cucina e sono tra gli ingredienti più utilizzati dagli chef di tutto il mondo. Questo prodotto, descritto già da Virgilio nell’Eneide, ebbe la sua massima diffusione nel 1400 grazie alle attitudini all’agricoltura, al commercio ed alla navigazione dei cittadini dell’allora Ducato di Gaeta, che esportarono l’olio e le olive di Gaeta in tutto il Mediterraneo, facendone un alimento molto richiesto e apprezzato per l’ottima qualità.
Alcune curiosità: l’oliva di Gaeta non è nera, come comunemente si crede, ma di colore violaceo, il sapore vinoso, amarostico con sfumature acetiche. Moltissime sono le imitazioni. E’ in corso il riconoscimento per la Denominazione Geografica Protetta. Importanti sono la qualità e le specie delle olive.
Il miglior risultato si ottiene con la “cultivar” locale che si presenta di forma affusolata. Troviamo anche diffusa la specie denominata oggigiorno “itrana” che presenta un frutto più tondeggiante. Ci sono varie modalità di preparazione delle olive: olive in salamoia, comunemente chiamate olive all’acqua, le olive mosce e le olive rotte.
Come si preparano e olive all’acqua (conservate in salamoia) conosciutissime nel mondo: si scegliete le olive eliminando quelle malformate, rotte o bacate. Lavatele e lasciatele in acqua per 2 giorni. Ponetele poi in damigiane o altri recipienti, e copritele con acqua fredda a cui avete aggiunto 65 gr di sale per ogni chilo. Ponente i recipienti in luogo fresco ed areato. La maturazione avviene nell’arco di 3-4 mesi. L’eventuale muffa (panno) che si forma sulla superficie della salamoia, preserva le olive.
Come si preparano le olive mosce: le olive appena raccolte vengono stese in bacinelle ovvero in contenitori a base ampia, ricoperte a metà di sale e poi spruzzate d’acqua in maniera che il sale si attacchi all’oliva. Dopodiché vengono lasciate ad essiccare in luogo fresco, asciutto e ventilato per almeno 7-10 giorni avendo cura di rimescolarle quotidianamente dopodiché sono pronte da mangiare, meglio se condite con olio e peperoncino.
Per ulteriori informazioni:
Pro Loco Gaeta