Una giornata per guidare a scoprire il Tintore e la pizza di Tramonti
Conoscere la Costiera Amalfitana non è solo frequentare le piazze e le spiagge dei borghi della Costa, perchè la specialità di questo luogo deve tanto alla cultura rurale dell’immediato entroterra, rappresentato in grandissima parte dal comune di Tramonti, luogo afferente già alla Repubblica Marinara di Amalfi che ha sfamato per secoli con la sua ricca agricoltura, appunto tra..i monti.
Le 13 frazioni in un ambiente benedetto da Dio per il microclima vulcanico e per i venti marini in un’altitudine collinare, ospitano una miriade di chiese rupestri, piccoli eremi, conventi che preannunciano la grande Abbazia di Cava de’ Tirreni distante solo poche ore di cammino lungo sentieri di un tempo, impossibile da collegare direttamente con carrozzabile vista l’asperità dei monti. La preesistenza religiosa maggiore è il Convento San Francesco, oggi casa di accoglienza nella frazione Polvica.
Tramonti ci permette di sfogliare un capitolo fondamentale della cultura enologica campana e non solo: qui è la patria del Tintore, qualche decina di ettari in tutto nella viticoltura eroica di terrazzamenti incastonati tra il mare di Maiori sottostante e le ripide asperità calcaree dei monti Lattari.
Tra gli allevamenti a pergola tramontana, che resiste bene nonostante la maggiore convenienza del guyot, non è raro poter ammirare vigne che assommano anche 200 anni di vita, rigorosamente a piede franco. Abbiamo visitato una delle aziende protagoniste della rinascita del vitigno Tintore, l’azienda agricola dei Fratelli Reale nella frazione Gete. Gaetano Reale ci guida nella dimensione antica del Tintore, tra ceppi che ricordano epoche preunitarie. Non si può trattenere l’emozione di trovarsi di fronte a veri monumenti enologici, capaci non solo di suscitare l’interesse dell’enoturista classico ma anche di qualunque persona che si avvicini con rispetto e curiosità al mondo dell’agroalimentare. Colpisce non solo la sensazione visiva, ma sotto la Pergola è anche l’olfatto che suscita scoperte interessanti; il suolo lavico è talmente riconoscibile ” al naso” che non è necessario raccogliere le numerose pietre pomici per rendersi conto dell’influenza vesuviana in milioni di anni di attività; tutti dedicati all’autoctono i 3 ettari, dai rossi tintore e piedirosso, fino ai bianchi Biancazita ( nome locale della Falanghina) e Biancolella.
Un’azienda storica che affonda le radici nel nonno dei proprietari , “broker ” di Limoni con l’estero a inizio novecento, ora Luigi e Gaetano sono tra i protagonisti di una battaglia di decenni con le istituzioni del mondo del vino italiano per veder riconosciuto il Tintore come distinto e distante dall’aglianico con il quale veniva confuso. Ora si riconosce il Tintore di Tramonti all’interno della sottozona della Costa d’Amalfi dop ed in purezza rivendicato per la Igt Colli di Salerno come il Borgo di Gete, 1400 bottiglie di tintore in purezza dei fratelli Reale, con almeno 5 anni di invecchiamento che rappresentano il minimo, con passaggi in botte di rovere francese, per domare un’astringenza caratteristica che così riesce a donarci successioni di frutti rossi e fiori appassiti, lievemente pepati, l’ intensa struttura è capace di sostenere qualunque piatto di estrema succulenza. Ma il Tintore è “al lavoro” anche nel Cardamone, di maggiore produzione con oltre 6000 bottiglie ( questa volta Costa d’Amalfi Tramonti doc) , 80 % piedirosso e 20% Tintore che basta a conferire piacevoli sentori dolciastri già all’olfazione, per avvertire chiaramente gli appassimenti di cui sopra, tra cui una prugna matura di persistente soddisfazione, in modo particolare sul saporito Baccalà alla napoletana con il quale lo abbiamo abbinato. Andando a ritroso nella degustazione, non sono affatto da sottovalutare il rosato Getis, frutto della vinificazione in bianco del tintore dello stesso blend del rosso Cardamone, per un rosè di gran tono, ricco di agrumi caratteristici, mentre il bianco di casa Reale, Aliseo, si fa notare per l’ elevata soddisfazione al palato, femminile, forte e delicato al contempo, con la carezza dell’incontro tra limone e pesca in un abbraccio floreale. Da Reale si può e..aggiungiamo si deve anche mangiare nell’ Osteria dell’azienda condotta dalla famiglia, necessario aprire le danze con l’antipasto di conoscenza del fior di latte e della Provola di Tramonti, insieme a coppa, capocollo e soppressata del posto, confortevole chiudere col tris di dolci che non possono certo deludere nella terra del Maestro Sal de Riso.
Ma la storia di Tramonti è fortemente intrecciata con un’altra tradizione conosciuta da molti in tutta Italia, ovvero la cultura della pizza tramontana, diffusa nel nord dall’emigrazione locale, insieme ai prodotti di eccellenza del territorio, i milanesi sanno, ad esempio, che tra le pizzerie migliori della loro città ci sono proprio realtà originarie di questa terra.
Noi per conoscere la tradizione vera di questa che è “l’altra “scuola di pizza campana, ci rivolgiamo ad una realtà più accorsate, il Ristorante Pizzeria Al Valico di Chiunzi; impossibile non vederlo appena arrivati sul crinale di quel valico aperto solo a fine ottocento, e che ha dischiuso la Costiera a traffici maggiori rompendo un plurisecolare isolamento. Il Valico di Chiunzi è un topos iconico della Campania del bello e del buono che ci conduce ai grandi forni del Ristorante Pizzeria, capace di una capienza importante che di certo di nuovo al massimo in questa ripresa. Prendiamo confidenza con l’impasto grazie a pizzaioli esperti che ora usano farine integrali di grani antichi per migliorare la digeribilità ma anche ritornando a quella cultura del grano e del farro che qui non mancava nei secoli passati, nella farina integrale è inserito il finocchietto selvatico, mentre il pomodoro è spesso il Re Fiascone, caratteristico delle campagne che circondano casali tramontani ed oggetto di un positivo progetto di rilancio della produzione, guarnizione con saporita alice di Cetara, aglio, origano. E’ una pizza che cuoce un pò di più, a 50 gradi circa in meno ed è più alta rispetto alla pizza napoletana, cuoce senza fiamma, anticamente insieme al pane. Ai forni e alla conduzione della pizzeria la famiglia Giordano, eredi di quel Luigi che fu l’iniziatore del verbo pizza di Tramonti nel nord Italia.
La Pizza di Tramonti diventa De.Co qualche anno fa grazie anche all’impegno del Comune di Tramonti e dello storico e attuale vicesindaco di Tramonti, Vincenzo Savino, anche presidente della Associazione Pizza Tramonti, erede dell’antica corporazione e che mette in sinergia i pizzaioli nel paese con quelli disseminati in tutto il mondo. Il Vicesindaco è un vulcano di idee e tanto ciò che il paese ha fatto per farsi notare al grande turismo enogastronomico e non solo è dovuto al suo attivismo, non sempre usuale, purtroppo, in tanti piccoli borghi della nostra regione. Un impegno dell’amministrazione, insieme al Distretto Turistico Costa d’Amalfi e alle altre amministrazioni comunali della zona, c’è da segnalare anche nel campo della mobilità sostenibile, infatti tra qualche mese un ambizioso progetto porterà a nuovi modi di intendere mobilità anche turistica grazie alle bici elettriche. Attenzione e cura anche in un’altra grande risorsa del turismo tramontano: trekking lungo i sentieri. Facendo base qui si può raggiungere la costa a piedi, fare percorsi storici come il sentiero di Giustino Fortunato, in una natura meravigliosa ed in sicurezza. Al ristorante il valico di Chiunzi troviamo anche l’assaggio di liquore Concerto dopo la pizza, fatto con una dozzine di erbe da una ricetta delle monache del luogo, non poteva mancare. A proposito, si dice Pizza tramontana e non tramontina… ce lo ha detto il presidente dell’Associazione!