Come tenere botta nel breve periodo per piccoli e grandi produttori, focus formaggi e vino made in Italy
All’insediamento di Trump ci trovammo a commentare la dichiarazione spaventata dell’Unione Italiana Vini sulle prospettive dell’export sui dazi minacciati dal neopresidente. Scrivemmo che secondo noi sarebbero stati reali i dazi, anche se lasciammo la porta aperta alla premier Meloni che faceva balenare “regali all’Italia “ da parte del Tycoon in quanto in special relationship ideologica….ed invece nulla, nemmeno un regalo sul vino…. come il cognato ha in questi mesi fatto “sognare” in maniera informale a tutti i vignaioli che ha incontrato ( non osiamo immaginare la grancassa al Vinitaly se non ci fosse stata la giornata della “ Liberazione “ di ieri..) …..anzi l’Italia non compare proprio nella tabella svelata dall’arancione, per fortuna c’è la UE intera, con tutto il suo peso, nè c’è una differenziazione di prodotti se non in peius per le auto. Ma ora ? Si smetterà di esportare in Usa e di colpo si apriranno mercati floridi in India o si triplicherà in Canada? Non è proprio così, ovvio il consumatore medio americano sarà costretto a rivedere alcune priorità di acquisto e su questo i formaggi dop e il vini dop e docg italiani ed europei in genere avranno per forza una flessione.
Innanzitutto la risposta della Unione Europea unita è fondamentale, sarebbe del tutto anti italiano e stupido perseguire, qualora ci fossero, scorciatoie bilaterali; l’Italia esporta verso gli Usa molto di più di tanti altri paesi europei, quindi la maggior copertura UE per le nostre produzioni è essenziale e ci guadagniamo. Es. Olanda o Slovacchia potrebbero magari fare a meno di utilizzare tutta la forze della Ue, ad esempio sull’ agroalimentare, ma di certo Francia e Italia. grandi esportatori, pesano di più se contano come Ue e non da soli.. magari pestandosi i piedi mentre falso camembert e parmesan iow cost invadono le tavole Usa…. Ovvio sono concetti che l’ignoranza bieca di chi campa di propaganda sovranista in parlamento o in vari giornali militanti fa fatica a comprendere ma sono cose che chi si fa due conti in azienda ha ben presente. Chiarissime le associazioni imprenditoriali in queste ore, ad esempio.
Anche nell’agroalimentare la nostra produzione destinata agli USA è costituita soprattutto da prodotti di eccellenza per un consumatore tendenziale medio-alto ma non sempre il vino è tanto in fascia popular ( vedi slide uiv). Fondamentale sarà anche in questo tornante il ruolo mediatore dei consorzi di tutela ( secondo noi chi ne è fuori non venderà più nulla in questi mercati) affinchè le aziende esportatrici trovino il modo di concordare con gli intermediari all’import le possibilità di assorbire parte del costo dei dazi, scaricando sui consumatori finali aumenti ben più limitati del 20%, almeno la metà. Facendo così lo yankee non rinuncerà del tutto alla mozzarella di bufala campana dop per un aumento di qualche altro dollaro al chilo. Anzi, le aziende italiane farebbero un errore a rinunciare al mercato Usa, anche sul vino ( con un problema maggiore perchè più di massa) dove la monotonia dei vitigni di Napa Valley non è in grado di soppiantare le necessità del la varietà che solo Francia e Italia possono soddisfare con buoni numeri, anche perchè in pochi mesi gli USA potrebbero essere colpiti da una crescita monstre dell’ inflazione, a causa dei dazi imposti e arrivare a retromarce anche parziali. A sostenerlo anche la UIV con le parole del presidente Frescobaldi “Con i sanguinosi dazi americani al 20% il mercato dovrà tagliare i propri ricavi di 323 milioni di euro all’anno, pena l’uscita dal mercato per buona parte delle nostre produzioni. Perciò Uiv è convinta della necessità di fare un patto tra le nostre imprese e gli alleati commerciali d’oltreoceano che più di noi traggono profitto dai vini importati; serve condividere l’onere dell’extra-costo ed evitare di riversarlo sui consumatori”.
Per questo la calma di Meloni, ( ma unita alla coesione totale con la Ue) non è ora del tutto sconclusionata come lo è stata, invece la sua fiducia ed il suo appiattirsi su Trump. Resta alla fine comunque una valutazione ineludibile che ogni cittadino dovrebbe aver sempre presente: queste idee ed azioni di chiusura del mercato causano arretramento delle offerte per il ceto medio, e aprono la porta a instabilità e guerra, come il Presidente Mattarella va da anni ripetendo soprattuto al comparto agroalimentare nazionale. Speriamo anche che, a questo giro, certe tifoserie filosovraniste e certe accondiscendenze persino a fake news antiscientifiche che hanno pervaso persino grandi organizzazioni di settore italiane siano finite. W l’Europa del vino e del cibo.