Nella 2 giorni casertana Terra di Lavoro Wines alla Reggia di Caserta a cura di Vitica, il Consorzio dei vini casertani, particolare valore hanno assunto le masterclass dedicate alle denominazioni che la compongono; avendo avuto l’opportunità di seguire quelle della giornata inaugurale, segnatamente dedicate ad Asprinio di Aversa Dop e Falerno del Massico Dop, le raccontiamo in 2 articoli, iniziando da quella dell’ Aversa Dop. Tutte le Masterclass sono state organizzate col supporto di AIS Caserta così come i banchi di degustazione che hanno perimetrato l’area della manifestazione in uno dei cortili della Reggia di Caserta, giusta cornice per la massima espressione pubblica dei produttori (circa 60 consorziati con etichette in Terra di Lavoro) .
L’appuntamento sull’ Asprinio non è stato né rituale, né “vetrinistico”, come spesso si rischia in eventi in cui si ha una grande proiezione pubblica, bensì ha consentito, con 12 etichette, dallo spumante ( metodi martinotti e classico) al fermo, di scandagliare una vasta sezione dell’offerta Asprinio di oggi, approfondire le differenze tra i territori del piccolo e difficile areale, dove i produttori di vino hanno strappato alla cementificazione con atti di resistenza fazzoletti di terra ove campeggia la nobile alberata aversana o anche dando vita a modalità di allevamento più moderne ma sempre con l’uva di asprinio, il grande secco della Campania che, soprattutto nella versione spumante miete i suoi piccoli ma significativi successi nel nuovo grande spazio che la bianchistica spumantizzata ha sottratto sulle tavole agli strutturati rossi tra i consumatori degli ultimi decenni a livello mondiale. E proprio dagli spumanti, con i metodi Martinotti e Classico che inizia “la gialla dozzina” che ci serberà piaceri, sorprese, curiosità, qualche piccolo dubbio, inframmezzati dai buoni spunti storici del collega giornalista Pasquale Carlo e con la esposizione, mai scontata, di Pietro Iadicicco e Giuliana Biscardi di Ais Caserta:
Il primo sorso viene da Casal di Principe con il Corte d’Asprinia, l’extradry di Cantine Bonaparte, proprietaria di una delle alberate più belle dell’areale, da qui proviene un metodo Martinotti 2022 che al naso già rivela una netta fragranza grazie ai 10 mesi sur lie, ,alla bocca inizia con nota dolce, crosta di pane, ma subito stoppata e virata su una decisa freschezza con fiori bianchi in evidenza. per un’Asprinio Spumante di scuola e di eleganza in cui, con i 12,5 gradi caratteristici e tanta leggerezza è possibile berne davvero tanto.
Funambolo di Paparelli rappresenta il blend dell’Asprinio con la Falanghina dell’area sessana, segnatamente da Galluccio, dove la Cantina di Luca Paparelli crede da tempo, facendo bene, nel suo spumante, un metodo charmat anch’esso; il 15% di falanghina se non altera il giallo caratteristico dona maggiori sentori di fiori gialli e lo rende unico nel panorama con leggere note iniziali di mandorla amara senza intaccare i fattori di acidità.
Rituffo nel monocultivar in quel di Villa Literno nelle vigne di Zagaria da dove Cantine Martusciello ricava il Trentapioli, con 6 mesi di autoclave in un metodo Martinotti capace di donare qui un perlage molto superiore alla media degli altri, un “falso metodo classico” che fa della etichetta una delle più presenti nel mercato dell’Asprinio, capace di spaziare dagli aperitivi della festa e della gioia fino alle pizzerie di destinazione.
Nel quarto bicchiere, liquido imbrunito, senza filtrazioni, per il metodo ancestrale di una delle bibbie dell’Asprinio, ovvero I Borboni di Lusciano della famiglia Numeroso. Rifermentato sul mosto di vendemmia svela tutto il colore carico, il fondo bottiglia col fondo narra il lavoro segreto dei lieviti di una spumantizzazione appunto ancestrale, al sorso una sapidità più intensa rispetto ai precedenti, vago ma percepibile il sentore di limone, anch’esso maturo, freschezza iodata per una etichetta di ricerca, ribellione alle regole, appunto chiamata...Rivolta.
Non può mancare la zona atellana, quindi ecco Succivo, con l’innovazione della nuova realtà Terra Felix, per degustare Feronia anche questo metodo ancestrale; intenso zolfo nettamente percepito, da protezione di vigne eccessiva o suggestiva naturalità evidenziata al metodo scelto ? Comunque piacevole nella positiva vena ossidativa caratteristica dell’ Asprinio, buon esperimento per una rusticità portata bene a tavola.
Orologi fermi per il metodo classico Priezza. Sono passati molti, troppi anni da quando sono stato a Masseria Campito a Gricignano; in un contesto allora da brividi, sorse un fiore di innovazione ed efficienza ed… era una cantina. Quel sapore di nuovo che serve alla tradizione per vivere loro lo hanno apportato con forza e tutto si avverte in una etichetta metodo classico che ha scelto non l’alberata, ma viti basse e a spalliera per tutelare maggiormente l’uva nella sua raccolta e nel suo ciclo vitale, consapevole di cedere qualcosa nello storytelling e nel tasting abituale, guadagnando però in omogeneità dell’uva per una totale pulizia in elegante freschezza, si tratta del modo migliore di concepire l’innovazione moderna nella produzione di Asprinio oggi. Capace di avvolgere con note agrumate e camomilla, profumi nocciolati per bollicine importanti e di entusiasmante finezza.
Sbarazzo del gueridon per far posto agli altri 6 vini e arriva un altro metodo classico, Radice Etrusca di Vite Matta per un ritorno a Casal di Principe, frutto della buona gestione di un bene confiscato ed oggi votato alla viticoltura e al reinserimento in società di chi è piu’ debole, anche questi vignaioli conosciuti agli albori, oggi si affermano con prodotti anche da tavole estere di tutto rispetto, di successo questo Pas Dosè denso di frutta acerba e ricordi panosi in una debole passitura.
Vince ancora la gara delle presenze proprio Casal di Principe, ora con il Mattia di De Angelis. L’amore per la sua terra da parte dell’Ing. De Angelis non ha dato solo l’estrinsecazione di un sentimento ma un grande spumante italiano. Con i suoi 30 mesi tra affinamento e bottiglia esplode in una acidità ricchissima di agrumi in un colore antico, un ambrato “ oro di Napoli” del tutto caratteristico, un prodotto che sta facendo impazzire tanti nelle tavole di mezza Europa, causando file ed intasamenti alle Fiere, pericolo per winelovers di trattenersi troppo a lungo.
Palazzo Marchesale da Villa di Briano, all’ombra del santuario spicca l’alberata a piede franco di famiglia, intenso il riflesso verdolino caratteristico che apre a plurimi sentori erbacei frammisti a lime e limoni freschi, IX Denari (e siamo curiosi di sapere il perchè del nome dell’etichetta ) si afferma come una bella presenza nel panorama vitivinicolo.
Se Villa di Briano è in dialetto detta Frignan’piccola eccoci proprio a Frignano vera e proprio con l’asprinio fermo nel bicchiere di Raffaele Magliulo, autentica istituzione storica e testimone di innumerevoli vendemmie e memore di secoli di stazionamento di botti nelle borboniche grotte nel palazzo di famiglia dove ho avuto il privilegio di andare qualche caldissimo mese fa. Vigne anche alle spalle del Real Sito di Carditello, l’altra Reggia, dove nella Real Canetteria vicina ha ristrutturato i luoghi per spazi di degustazione. Il suo Asprinio fermo è la didattica e la storia dell’ Asprinio di Aversa, lasciando le innovazioni per altre etichette e tipologie, anche qui nel calice, con il fermo, narra di secoli uguali, di vene ossidative per un colore scuro, gustoso sentore cedrato, per un mosto che viene fatto fermentare a temperatura controllata in acciaio. Si conferma ( tante sono le degustazioni fatte negli ultimi anni con questa bottiglia) tutta l’essenza del limone con spiccata acidità ma anche calore, fresca la nota erbacea.
Una novità per me è stato, invece, Cavasete, dell’imprenditore Luongo da Succivo. Protagonista di Hera Nova con impronta biologica. Molto buono, emerge con piacere una spiccata nota candita per virare con buona sapidità, capace di far immaginare una vivace complessità, sia al naso che al palato. Le alberate sono di famiglia da più generazioni ma solo da poco hanno riportato in auge la produzione e la vinificazione.
Chiude la masterclass un altro calice da me conosciutissimo e familiare, Alberata. Il fermo di Tenuta Fontana di Carinaro, una grande testimonianza dello splendido lavoro dell’Anfora su questa uva, che ne fa un bianco che può invecchiare di qualche anno donando sapori e sensazioni, oltre che abbinamenti sempre nuovi, chi ci legge conosce i nostri plurimi esperimenti con le annate più lontane nel tempo, e qui vi è una “giovane” 2022 che conferma comunque tutte le intenzioni della famiglia Fontana, notevole presenza di frutti gialli, ancora percepibili distintamente i sentori limonati, consiglio se ne avete una bottiglia in più: il prossimo anno evolveranno in mango e frutto della passione.
Cosa emerge? Per un Asprinio che era a rischio “chiusura ” chiaro che c’è tanta vita e tanto futuro, il grande secco di Campania ha sempre più il suo piccolo ma significativo spazio nel mondo del vino italiano. Un’areale che stupisce per le differenze tra le varie zone, eppure stessa altitudine di circa 30 mt, un nulla soprattutto in tempi di cambiamento climatico e un fazzoletto di terra, stesso sottosuolo quasi ovunque, spesso stessi problemi condivisi negli anni, eppure, tra natura che resiste e vignaioli che ci sanno fare davvero, chi da cent’anni e chi da cinque, anche qui non ci si annoia mai; lo ripetiamo, rischiando il cartellino rosso dai cultori del winebusiness mondiale, il vino di Campania, poco e varissimo, vive sulla diversità non sulla omologazione. Ed anche in area Asprinio ci riescono bene a farla cogliere.