Lun. Set 16th, 2024

E’ da sempre una grande risorsa della viticoltura  vesuviana che contribuisce a rendere unica la biodiversità vitivinicola campana, per questo quando ci imbattiamo in aziende che propongono catalanesca non ci sottraiamo al racconto. Ecco quindi ciò che ci hanno trasmesso  nostri amici competenti  e con “titoli” nel mondo wine che  sono stati di recente da Tenuta Augustea dalla famiglia Nocerino. 

Il vitigno Catalanesca, iscritto ufficialmente nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite nel 2007, fu importato presumibilmente in Campania per la prima volta dalla Spagna, dalla regione della Catalogna ad essere precisi, attorno al 1450 da Alfonso I d’Aragona, re delle Due Sicilie, e fu impiantato proprio sulle pendici del Monte Somma, tra Somma Vesuviana e Terzigno. È citato in moltissimi trattati di ampelografia del ‘500 e, per quanto sia stato ingiustamente classificato come uva da tavola e non ne fosse consentita la
vinificazione, i maggiori studiosi del passato erano tutti del parere che avesse un potenziale enologico di
rilievo; non a caso la saggezza popolare volle che i contadini ne facessero ugualmente del vino per consumo
domestico nelle epoche passate, preservando la cultivar che rischiava l’estinzione dopo essere quasi del
tutto scivolata nell’oblio. Il Catalanesca è un vitigno che si presenta vigoroso, con grappolo spargolo e la
buccia risulta piuttosto spessa, offrendo un succo dall’elevato tenore zuccherino ed un’acidità totale più
che soddisfacente.
È proprio qui, nello zonale di Monte Somma Terra, uno dei quattro in cui è ripartita la geomorfologia
vitivinicola vesuviana, che Tenuta Augustea ha sede: un’area di superba bellezza, con altitudini variabili tra i
250 e i 600 metri sul livello del mare, dai terreni ricchissimi di sabbie vulcaniche, con forte presenza di
materiale piroclastico, ed interessata da un clima mediterraneo temperato, con venti di Tramontana e
Maestrale d’inverno e Ponente d’estate che spirano tra i filari. È qui l’epicentro del Catalanesca, in una città
dalle origini antichissime, dove tra l’altro ritroviamo la Villa di Augusto, tra le più belle e imponenti
dell’Antica Roma, da cui questa splendida realtà a conduzione familiare trae in suo nome.

Marco Vincenzo Nocerino, aiutato dal padre Angelo in vigna, è oggi l’erede di una stirpe centenaria di vignaioli, giunta ormai alla quarta generazione: tutto ebbe inizio con Vincenzo Nocerino, classe del 1898, detto “Scatena”, il quale diede il volto a ciò che ha dato poi vita alla vigna Madonna delle Gavete, la più alta del vesuviano, ed agli attuali 10 ettari di proprietà di Tenuta Augustea, in parte a piede franco, creando pertanto i presupposti che hanno reso questa cantina solida, affermata e apprezzata.
Va giustamente precisato che il Catalanesca è un vitigno raro: si pensi che gli ettari vitati totali sono circa 54 e che da ciò ne deriva una esigua produzione, fattori che rendono l’assaggio di un vino, frutto della vendemmia 2017, qualcosa di ancor più raro; degustare pertanto il Catalunae Catalanesca del Monte
Somma Igt 2017 di Tenuta Augustea rappresenta per davvero un privilegio e un banco di prova decisivo, al fine di coglierne il potenziale di longevità, per ogni estimatore.
Il Catalunae 2017 indossa un abito giallo dorato di gran brio e luminosità, dai riflessi sinuosi e danzanti,
oltre che presentare archi stretti e lacrime a lenta discesa dopo la rotazione del calice. Al naso brezza
marina, fugace e subito rimpiazzata da note da idrocarburi, con tostature insospettabili per un vino che non
ha visto botte. Il vino evolve via via che il tempo passa e le note boisé si alternano ai profumi di noci
tostate, che diventano poi scatola di sigaro e burro di nocciola, poi pellecchiella del Vesuvio, kiwi giallo e
nespola, alga kombu e la sofficità olfattiva del pan brioche. In bocca è denso e materico, con una sottile
astringenza che si percepisce appena alle gengive, subito portata via da una freschezza, da un tocco umami
e da una sapidità che fanno del Catalunae un nettare succoso e goloso in cui ritornala burrosità e le note
fruttate percepite in precedenza, cui vanno ad aggiungersi sfumature agrumate da tamarindo e miele di
corbezzolo in retro-olfattiva. Finale con persistenza aromatica intensa lunghissima. Il Catalunae è riuscito ad
esprimere decisamente il potenziale del Catalanesca: territorialità, eleganza, piacevolezza di beva e
longevità in un unico appagante sorso. T-bone steak di razza marchigiana ben marezzata in reverse searing
con contorno di patate e porcini al forno.

Di Carlo Scatozza

redattore di Campania Slow | Contatto Facebook: http://it-it.facebook.com/people/Carlo-Scatozza/1654720386

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