Nuova proprietà per Cantina del Taburno di Foglianise che si mette alle spalle un lungo contenzioso ed un immobilismo nato dalla dismissione della vecchia realtà gestita per decenni dal Consorzio Agrario di Benevento.
Ora è entrato in campo il gruppo di Enzo Rillo, patron di La Fortezza Azienda Agricola, con il rilancio guidato dall’impegno e dal giovane entusiasmo di Michela Rillo.
Si è voluto inaugurare un nuovo corso che sarà di certo proficuo per il Taburno e l’ intero Sannio con una degustazione “ Dal Blu al Bue Apis”. L’etichetta Bue Apis significa immersione nella storia più bella del passato di Cantina del Taburno e che ancora oggi fa sognare tanti winelovers, anche se non è mai stata immune da dibattito, soprattutto nei decenni passati.
Bue Apis viene prodotto con uve esclusivamente provenienti da vigne centenarie nella vicina Contrada Pantanella, piante prefillossera e quindi a piede franco, grazie alla argilla molto presente nel terreno grazie alle sponde dei corsi d’acqua locali. Macerazione di almeno 40 giorni in fermentazione e 18 mesi in barrique di rovere, per annate che hanno fatto la storia della viticoltura sannita.
Luciano Pignataro, Pasquale Carlo e Tommaso Luongo hanno condotto la degustazione che ha racchiuso sei annate dell’Aglianico del Taburno. 2017, 2015, 2008, 2004, 1999, 1987 davanti a molti esperti di settore. Tra i presenti il direttore di Sannio Dop Nicola Matarazzo, l’enologo Angelo Pizzi, e una presenza insostituibile al servizio ai banchi d’assaggio nel cortile dell’azienda, l’ anima della cantina in questi anni , ovvero Giovanni Esposito, insieme con i sommelier Ais Benevento. L’esperienza è stata da me vissuta con Salvatore Landolfo , Biagio Santonastaso e Alessandro Manna.
Che dire: color porpora solo nella 2017 poi ovviamente le tonalità granate vengono accentuate progressivamente, giovanissimo ancora pure il 2015; i frutti rossi, ribes in testa, lasciano man mano spazio a suadenti e sempre più speziati aromi terziari, arriva il 2004 ( già 3 bicchieri Gambero Rosso 2009) di esuberante complessità appena versata nel calice, per giungere alla 2008 con forse un eccesso di pepe per i miei gusti, ma sublime arriva il 1999, con le tostature giuste ed il sentore piacevolissimo di tabacco, rovere “andata” al punto giusto, per una annata di gran pregio che viene notevolmente ricordata in questa bottiglia. Peccato per il 1987 maderizzato ( e ci può stare) ma anche lì…. un roccocò si sarebbe potuto provare a inzupparlo… o all’interno di un evento con sigaro e cioccolato…In ogni caso una serata di cultura vera del vino e ricongiungimento con il mondo della nobiltà dell’Aglianico, in barba ai timori mondiali riguardo al futuro del vino rosso strutturato. Nel post degustazione si dà fondo i calici poiché tra i prodotti del magico Sannio a buffet, nella storica bottaia di accoglienza della Cantina, campeggiava anche una Salsiccia Rossa di Castelpoto, magnifico abbinamento. Impossibile non peccare.