Dom. Dic 22nd, 2024

Chi l’ ha detto che la cucina etnica,  dalle nostre parti,  debba essere sempre una brutta copia di quella vera? Ci si può  imbattere nella genuinità dei prodotti, nella capacità di saper fare, nella valorizzazione delle tradizioni gastronomiche lontane da noi,  anche sotto casa,  a patto che  si indaghi bene sulle storie culinarie dei  protagonisti dietro i fornelli.

Sono andato al ristorante di cucina venezuelana Garranchan a Caserta, dove  ho potuto riscontrare la tradizione gastronomica del paese sudamericano rispettata appieno, con la possibilità di mangiare piatti che non sono esattamente nell’abitudine  del “nostro palato quotidiano”,  ma vanno a rappresentare una gioiosa trasgressione alla dieta mediterranea in una cena.  Garranchan non è parola derivata da “ garra”, termine sentito nel calcio uruguayano a delineare lo spirito combattivo di una squadra,  ma è il cognome di Julio, da anni in Italia e  sposato a Cervino,  in provincia di Caserta,  che ha portato in Europa la cucina della sua mamma,  dopo aver avuto in patria tante esperienze come cuoco. Professionista  di cultura gastronomica di ottimo livello, anche riguardo gli “argomenti” italiani e campani, ha  aperto il suo locale in via Sud Piazza d’armi nella città della Reggia, offrendo vera cucina venezuelana e sudamericana, non lo scimmiottamento improvvisato per una moda  e…omologato,  in tutto e per tutto,  al gusto locale.

Una tendenza che, purtroppo, costituisce un problema per la cucina etnica nel mondo ( anche di parte della cucina italiana all’estero). Non c’è  l’atmosfera artefatta che si avverte nel  ristodiscount del burger mondializzato o in un lussuoso sushi, ma nel pratico, funzionale  e simpatico locale ci attende un ricco menù che principia con le arepa dalla base di farina di mais, immancabile nella cucina di quelle latitudini. Il “calzone” viene proposto in varie tipologie, tutte molto note in Venezuela e non solo: molida, con carne, formaggio e insalata venezolana, oppure  mechada, con carne che viene sfilacciata,  ovviamente di pollo, poi la Arepa Pabellon, dove a carne e formaggio vengono  aggiunti fagioli, platano fritto ( della famiglia delle banane ma diverso, con più amido e meno zucchero, con la necessità di doverlo cucinare e non mangiare  crudo). Notevole,  nell’abitudine di Caracas e dintorni,  anche  entradas come il toston, platano fritto con salsa aioli, o dei nachos calientes con fagioli neri, cheddar e panna acida, nulla a che vedere con le scopiazzature che si vedono in giro di nachos e similari.  In Venezuela si pranza, soprattutto, dopo aver fatto una colazione velocissima e distratta, magari con i resti del giorno prima,  quindi spazio al pasto più importante della giornata, caratterizzato dal Pabellon veneozolano, ricco di carne di manzo  sfilacciata,riso, tajada, fagioli neri, insalata e servito con arepa. Una vera summa della cucina della parte  “norte” del continente  sudamericano. da tenere presente che, come ogni paese molto grande, la cucina cambia a seconda delle latitudini e se ci troviamo sul mare o nell’interno amazzonico, un mix che Julio ha ben presente nelle sue proposte. L’offerta è sempre più apprezzata,  anche dai tanti connazionali tra Roma e Napoli che vengono qui apposta per riscoprire i veri gusti di casa grazie a Julio. La situazione economica venezuelana sta spingendo tanti ad emigrare,  e non sono pochi coloro che scelgono l’Italia, anche in virttù del fatto che si tratta di uno dei paesi a maggior tasso di persone originarie del nostro paese, il Venezuela, infatti,  fu una delle mete privilegiate dall’emigrazione italiana tra fine 800 e ‘900, quella emigrazione tricolore che contaminò e costruì anche una nuova identità della cucina venezuelana nei tempi moderni, incrociando prodotti e arti culinarie.   Nel menù spazio anche al resto delle tipiche preparazioni di paesi come Messico, Cuba, Colombia.

Da bere c’è anche la leggera birra nazionale Polar, con tanto di orso in etichetta  che ricorda la forma della nazione. Ci è venuta voglia, però,  di abbinare questi piatti con alcuni nostri vini campani, magari  ne può nascere un’ offerta divertente  che bisogna assolutamente  sperimentare al più presto, anche approfondendo, con Julio,  i problemi e le opportunità di approvvigionamento di alcuni ingredienti sudamericani non sempre facili da reperire nel nostro territorio con continuità. Alla prossima. 

Di Carlo Scatozza

redattore di Campania Slow | Contatto Facebook: http://it-it.facebook.com/people/Carlo-Scatozza/1654720386

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.