Anche proposte in libertà uscite dagli invitati al dibattito principale del Wine Forum, la kermesse del vino casertano ….dal Campania Dop a Napoli Dop, passando per tutto Vesuvio….perchè così le etichette campane ( unica regione italiana che non ha produzione sufficiente per il fabbisogno interno) avrebbero più finanziamenti pubblici e invaderebbero i mercati cinesi….
Chiusa la tre giorni del Consorzio di tutela dei Vini casertani- Vitica presso il Belvedere di San Leucio dal 4 al 6 dicembre, non ci siamo stupiti di constatare che il comunicato stampa ufficiale di chiusura è per il 90% incentrato sul convegno inaugurale intitolato al “valore delle denominazioni di origine nei processi di sviluppo territoriale della provincia di Caserta”. Un tema preparato con cura in una sala che, seppur non affollatissima, trasudava la tensione delle svolte dei congressi di partito di un tempo, od anche le convention aziendali che preparano ai cambiamenti importanti. Ovvia la presenza, nel palco centrale allestito dal padrone di casa Cesare Avenia, del vertice nazionale di FederDoc, Ricci Curbastro, che ha l’incombenza non semplicissima di accelerare il processo di riduzione delle denominazioni del vino in Italia, troppo numerose ( oltre 500 con anche Igp ) e quindi perchè non cogliere al balzo la grande “disponibilita” del consorzio di Terra di Lavoro che ammicca, almeno nei suoi vertici, al siluramento delle sue 4 denominazioni di origine vitivinicole?
Leggiamo testualmente dal comunicato ufficiale di Vitica le parole di Curbastro, al cui intervento ho comunque assistito di persona, incuriosito anche dal piglio di “quello da Milano” con l’oro colato in bocca, che, per sensazione, ha non poco infastidito parte del pubblico e persino qualche relatore istituzionale : Curbastro che ha evidenziato come il settore vinicolo in provincia di Caserta produca “2,7 milioni di bottiglie circa per tutte le sue denominazioni. E’ necessario avere una denominazione unica che faccia da capofila per tutte le altre. Questo aiuta ad affacciarsi ancora di più sui mercati ed offre nuove possibilità anche in termini di maggiore promozione”.
Quindi Falerno del Massico DOC, Casavecchia di Pontelatone DOC, Galluccio DOC, Aversa DOC, le quali hanno certamente problemi seri anche a raccogliere gran parte dell’imbottigliato in Terra di Lavoro e scontano pure l’inadeguatezza di qualche disciplinare, rischiano di scomparire del tutto a “beneficio” di un’ unica denominazione ….e qui casca l’asino, che pochi relatori ritengono sia un problema serio, ma che invece serpeggia nelle inquietudini di decine e decine di vignaioli casertani….: Quale sarà la dop unica? Qualcuno pensa davvero di far scomparire dal panorama vitivinicolo “ufficiale” la Falerno del Massico Dop, la più antica tra le quattro e sicuramente quella che testimonia storia e civiltà del vino e non solo ? I problemi di quantità e tutela dell’Aversa Dop, con numeri al lumicino, vanno davvero risolti solo con un colpo di spugna ? Non sarebbe meglio pensare ad un’utile semplificazione e riduzione aggregando l’aggregabile, ovvero con la Galluccio Dop ( oggettivamente dal naming debolissimo anche nel mercato locale) a contribuire a rendere più grande e forte la denominazione del Falerno ?
Può ignorare, questa riorganizzazione, la differenziazione di successo che hanno messo in campo i produttori del Casavecchia e del Pallagrello nella zona caiatina, magari procedendo ad una migliore loro riconoscibilità anche in ambito della Igt Terre del Volturno ?
Si pensa ad una Dop Terra di Lavoro come c’è stata la Dop Sannio ? Una visione burocratica e contabile la suggerirebbe, ma non è detto che sia vincente la ricetta esaltatrice di ogni positività nel vicino Sannio con grandi quantità e con doc precedenti certo storiche ma anche doppioni su doppioni ….( Solopaca, Guardiolo, Sant’Agata di Goti e Taburno, beneficiando tra l’altro dell’unione con i magnificamente forti e leader naturali, Aglianico del Taburno docg e Falanghina del Sannio ).
Ma all’orizzonte non c’è soltanto la dop unica della provincia di Caserta ma, visto che il gusto vien mangiando, uniamo lo “sforzo “ di Vitica a quello di altre realtà campane che pur dovranno semplificare; annulliamo tutto e comprendiamo in un’unica Dop regionale tutta la produzione a denominazione; basta Campi Flegrei Dop ( non li conosce nessuno si urla dal palco, e ai cinesi non arriva il messaggio! Ascolto e prendo avidamente nota mentre penso a queste 100 milioni di bottiglie da Bacoli e Monte di Procida pronte ad invadere Shangai senza il freno del loro brutto e sconosciuto nome…).
Chissà forse è per un omaggio alla spinta nazionale e locale al declassamento sostanziale che ci si vuol liberare una volta per tutte dell’intrico di denominazioni sconosciute sui mercati come la Costa d’Amalfi Dop a beneficio di un’ UNICA ed OMOLOGATA denominazione. Quindi al convegno giù con le proposte più creative: Campania Dop, come l’Olio Igp o, se il nome della nostra regione è poco conosciuto ( Curbastro ci fa lombardamente notare che il brand Campania non è il Brand Sicilia) perchè non ricondurre tutto alla Vesuvio Dop, poichè tutti lo conoscono e quindi Taurasi e Giungano pure saranno collettività che si andranno a riconoscere per raggiungere bene quei mercati globali che le quantità del vino regionale può mettere nel mirino; una superficie vitata e una produzione che evidentemente si programma per decuplicare nel futuro….. ( di certo a Caserta e a Salerno si espiantera’ gran parte della frutta e verdura e si abbatteranno quasi tutte le bufale per far posto alla vigna … ).
Ma ecco la proposta del giorno, Napoli è la capitale quindi perchè non Napoli Dop, mentre sorseggio non solo un Asprinio o un Piedirosso ma anche un Falerno di Sessa Aurunca ed un Fiano di Avellino. Si dice: Napoli è il brand turistico per eccellenza, con Napoli si vende e siamo tutti rappresentati nella bella semplificazione… Di fronte a tali affermazioni che vedono il vino essere praticamente come il pomodoro.. e immemori che già esiste una Dop Roma… dal “successo “ indiscutibile per omaggiare madama ironia e verso la quale ogni produttore laziale preferirebbe chiudere bottega. E Curbastro, nel riordinare ottimamente la sua Franciacorta chissà come mai non pensò a Milano Dop…. sono certo che nella semplificazione in atto sarà all’ordine del giorno.
E’tutto già deciso?
Speriamo di No, anche se quell’aria da congresso in cui aleggia il tutto fatto, la tensione del deciso si tagliava a fette…. Vero decideranno i produttori e solo loro, attraverso i consorzi, e quello di Caserta inaugura una fase, così dice Avenia, senza pregiudizi. A me pare che queste ed altre perplessità siano di moltissimi vignaioli a Caserta, dei quali alcuni lontani anni luce, anche più di chi scrive, da suggestioni “sovraniste” o identitarie in modo ideologico. Le perplessità nascono non da sentimento ma proprio in chiave di protezione dei loro investimenti; chi ha speso milioni in decenni per un brand Falerno sarà contento di finire in un calderone indistinto perchè in cambio e solo in potenza potrà avere più finanziamenti questo nuovo consorzio della Campania Dop o Napoli dop ?
Con le tante semplificazioni da fare in Italia nel settore un prezzo lo deve pagare davvero Caserta da 4 a 0 o massimo ad uno ?
Ed altri in Italia, a cominciare dal Veneto che ha moltiplicato l’immoltiplicabile negli ultimi decenni, avranno la stessa gioia iconoclastico-semplificativa dei nostrani specialisti in tagli ?
Consiglio ai produttori casertani di sbirciare cosa fanno in molti altri territori settentrionali sul tema, di certo maggiormente pronti a piegare leggi e regolamenti al supremo loro interesse. Amaramente si viene a pensare che se anche il vino nazionale riesce a parlare solo ed esclusivamente di quantità come elemento generatore di futuro sui mercati, allora può darsi che tanti meritino la vicenda Prosek ed anche la tendenza alla dealcolazione, non certo una Campania che testimonia la maggior biodiversità nel patrimonio vitivinicolo del paese.