Mar. Dic 3rd, 2024

L’Azienda Agricola Monte di Grazia rappresenta lo studio antropologico, per eccellenza, delle identità territoriali: quel connubio perfetto che si crea tra la vite e il suo viticoltore.

Situata in Costiera Amalfitana, letteralmente “tra i monti”, ovverosia a Tramonti, nel bel mezzo di quelli Lattari, e basta guardarsi intorno per capire che il concetto di “eroico” nella viticoltura, in queste zone, non è di certo un eufemismo.

Terrazzamenti lunghi pochi metri e larghi poco più di cinque. Qui non c’è spazio per poter parlare di ettari: sono vigne dislocate da un lato ad un altro della vallata, in una serie di tornanti scavati nei fianchi della montagna, dove al massimo possono essere allevati tre-  quattro filari su ogni gradone.

Ed è qui che Olivia e Fortunato, seconda generazione, hanno portato avanti il lavoro intrapreso dapprima dal padre, Alfonso Arpino: una storia che inizia negli anni 90, poi nel 97 la certificazione biologica, e finalmente nel 2004 la prima imbottigliatura.

Una storia segnata da sempre dallo stesso leitmotiv: piante e uomini che parlano all’unisono, respirano la stessa aria, in una vita di totale simbiosi.  

Sono viti di pepella, di ginestra e di biancatenera a bacca bianca e viti di piedirosso e di tintore a bacca nera che affondano le proprie radici su terreni sciolti e friabili, formati da materiale piroclastico arrivati in Costiera durante le eruzioni del Vesuvio. Viti uniche, rare, molte a piedefranco, visto che in questa zona la fillossera non ha mai avuto la meglio.

Sono filari misti, dove il tintore si confonde alla biancatenera e al piedirosso, i cui tralci paiono creare una scultura di legni intrecciati che si allungano per interi metri a mò di tendone, that’is un allevamento a pergola!

Ma che significa certificazione biologica in questo paradiso di terra? Null’altro che la prosecuzione della tradizione agricola. Zappature o al massimo il sovescio per rinvigorire il terreno e rame, zolfo e letame per difendere la vite.

Il nostro giro tra le vigne si conclude così, tra 5 diversi appezzamenti, in un labirinto di filari, passando dai 200 metri sopra il livello del mare fino quasi ai 700, il tutto dislocato in un totale di appena 2 ettari e mezzo di vite.

La Cantina

In cantina, invece, in poco più di 30 metri di spazio, tra contenitori in acciaio e qualche piccola botte di castagno, natura ed intelletto umano si accompagnano con rispetto con pratiche a dir poco interviste.

Fermentazioni spontanee e senza temperature controllate, per i rossi, che macerano sulle bucce, e poi le normali pratiche di cantina di follature a mano e rimontaggi, mentre per i bianchi l’intervento è ridotto ancor di più all’osso: si fanno quasi da sé, lasciati, dopo i travasi, al loro naturale percorso fino all’imbottigliamento.

L’azienda produce 5 diverse etichette, un IGT rosso “Melogna”, un macerato bianco dal nome stravagante “Spurtiglione” e poi la loro punta di diamante il “Monte di Grazia” in versione rosso, rosato e bianco.

La degustazione

Melogna

Melogna, che in dialetto significa tasso, in onore a questi animali che vivono numerosi nel vigneto, è un IGT rosso a base di piedirosso, tintore e una piccola percentuale sempre di autoctoni come il moscio, l’ olivella e lo sciascinoso.  Il mosto viene lasciate macerare sulle bucce per 4-5 giorni, per poi riposare sulle proprie fecce fino al suo primo travaso, che avviene verso novembre.

Vino facile, nell’eccezione buona del termine, così tanto facile da bere che non puoi distrarti, rischieresti di vedere il fondo senza saperlo. Questo grazie alla buona acidità data soprattutto dalla presenza del moscio, e dell’Olivella, mentre al tintore va soprattutto il merito di un colore rosso vivido e brillante.

Monte di Grazia Rosso 2014

Un uvaggio soprattutto a base di tintore con una piccola percentuale di piedirosso, ma con un lungo periodo di affinamento di almeno 36 mesi in acciaio (per alcune annate es. 2011,2012, 2013, 2018 c’è stato anche un breve passaggio di c.a 3 mesi in botti grandi di castagno).

Questo calice è l’esatta rispondenza della sua annata, una 2014 molto piovosa, con una grandine che ha letteralmente dimezzato la produzione. Le acidità del vino durante l’imbottigliamento erano molto alte, ma con una gradazione alcolemica forse troppo bassa.

Eppure se questo è stato il punto iniziale, quello che ritrova oggi il palato è, invece, un’evoluzione trasformista. Il tintore ha bisogno di tempo per esprimersi e dopo oltre 6 anni il suo sorso è di buona acidità, agile, dinamico e profuma di prugne, spezie e frutti neri, con una bocca rotonda e piena, che chiude verso sapori quasi ematici.

Spurtiglione 2017

Lo Spurtiglione, in queste zone, è un pipistrello, ma per la famiglia Arpino rappresenta soprattutto l’incontro tra due mondi, tra saggezza e innovazione: Alfonso, il papà, con le sue esperienze, e suo figlio Fortunato con le sue sperimentazioni. Ne nasce così un bianco macerato, per appena 5 giorni, a base di Ginestra, Biancatenera e un pizzico (20%) di Pepella.

Sono uve dal basso tenore zuccherino, che garantiscono, in genere, una beva estremamente verticale, data la loro acidità iniziale, ma la leggera macerazione favorisce una certa rotondità al palato.

Un calice che rappresenta la giusta contemperazione e la perfetta esaltazione del territorio senza quelle eccessive macerazioni che avrebbe potuto dissuadere e far perdere l’identità territoriale. Sorso morbido, quasi glicemico, che rimanda esattamente al ricordo di quell’ estate, una 2017 calda e afosa, e le leggere note di gelsomino al naso ricordano, invece, la sua primavera. Una produzione di appena 700 bottiglie, ai fortunati il privilegio di provarlo.

***

Termina una degustazione che ha offerto nuovi spunti di riflessione e nuovi punti di vista: forse è questo il senso di un vero studio antropologico. La semplice conoscenza di un essere umano attraverso il suo talento. E i vini di Monte di grazia sono senza dubbio vini talentuosi.

Di Alessandro Tartaglione

Direttore Responsabile di Campania Slow | Contatto Facebook: http://www.facebook.com/a.tartaglione

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