Ven. Nov 22nd, 2024

È la pulce nell’orecchio spesso lo stimolo incessante che porta l’essere umano a creare, innovare, sperimentare, modificare, sbagliare o semplicemente fare… 

Ed è proprio quando non riesci più a reprimere quella vocina che ti sussurra ogni giorno che inizi a pensare di darle ascolto… E così è successo a me…

Qualche mese fa ad Hong Kong, una giornalista mi pose la domanda fatidica: “Ma tu farai mai una pizza all’ananas?”. 

E questa domanda non mi lasciò indifferente. Infatti la mia risposta non fu un secco no, e le risposi che semplicemente non era nei miei programmi di allora, ma che probabilmente in un futuro prossimo avrebbe potuto trovarsi a gustare una pizza all’ananas firmata Franco Pepe.

L’ananas è un frutto dal sapore molto gradevole e che possiede tante proprietà nutritive importanti; perchè, allora, questo pregiudizio così forte?

E allora mi sono documentato. Mi sono chiesto che cosa non funziona o non ha funzionato, tanto da far guadagnare all’ananas la fama di “anticristo” degli ingredienti da proporre su una pizza.

Ha sbagliato l’uomo o davvero non può esistere un accostamento possibile?

Quindi ho scoperto che la prima pizza all’ananas è stata sfornata in Canada nel lontano 1961, ma gli accostamenti erano probabilmente azzardati: l’ananas era accostata al pomodoro! 

Doppia acidità che immancabilmente si traduceva in una debolezza nel gusto e in una scarsa digeribilità. Inoltre l’ananas era presa dal barattolo, quindi il frutto risultava cotto e sciroppato con ingente apporto di altri zuccheri.

É proprio in seguito a queste considerazioni che ho pensato di andare a lavorare direttamente sulla materia prima, ovvero sul frutto e su come farlo arrivare al palato delle persone.

Sicuramente non caldo. Anzi ho voluto sfruttare proprio la freschezza dell’ananas, avvolgendolo nel prosciutto crudo San Daniele, sfruttandone la sua naturale sapidità e posizionandolo all’interno di un cono fritto dalle pareti “imbiancate” con della fonduta di Grana Padano DOP 12 mesi… il tutto spolverato con polvere di liquirizia.

Il mio impegno però, è porre l’attenzione sul’approccio alla pizza che oggi è molto diverso. Ci sono pizzaioli che ragionano soprattutto sulla trasformazione della materia prima e sull’accostamento. Nulla è scontato, ma quello che è importante non è la stravaganza ma la ricerca. Non la notizia ma il reale riscontro del palato.

Nella mia creazione, l’ananas è nascosta dal prosciutto in questo “scrigno” fritto. Infatti, se andassi a proporre una pizza all’ananas ai miei clienti, sicuramente mi darebbero del matto, rifiutandola sicuramente!

Il nome “AnaNascosta” nasce proprio dall’esigenza di dover nascondere il frutto proprio per evitare ai miei ospiti di avere una percezione sensoriale visiva che vada a discapito del gusto e della percezione al palato. 

Motivo per cui, spesso, la propongo senza spiegare di che cosa si tratta e aspettando la reazione di piacevole stupore dei miei ospiti che non credono, non ai propri occhi, ma alle loro papille gustative!

Un ruolo fondamentale gioca l’aspetto psicologico: il messaggio che voglio trasmettere attraverso “AnaNascosta” è l’importanza del dialogo con i sapori, senza pregiudizi e senza demonizzazioni: e la risposta deve arrivare non dalla comunicazione, nè dall’approccio visivo, ma esclusivamente dal sapore… e basta! 

Buon’AnaNascosta a tutti!

Di Carlo Scatozza

redattore di Campania Slow | Contatto Facebook: http://it-it.facebook.com/people/Carlo-Scatozza/1654720386

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