Dom. Dic 22nd, 2024

E’ stata una buona notizia il rilancio in grande stile del pomodoro cannellino flegreo, con un’associazione grazie all’entusiasmo di nove produttori dell’area compresa tra Pozzuoli e Bacoli;  la visita nei campi dove in gran parte vengono coltivati, ovvero vicino all’Acropoli di Cuma, ne fa una di quelle coltivazioni che possono esprimere sempre meglio il connubio identitario tra antichità, beni culturali e agroalimentare; mentre si è  immersi nelle rovine della prima città greca d’ Italia, nel vedere quei filari di pomodorino, con le caratteristiche canne di sostegno che rendono possibile solo una raccolta manuale,  insieme a rigogliose melanzane, vigne di per ‘e palummo,  il pensiero non può non andare a monumenti della Campania che vivono in simbiosi con le colture la loro storia millenaria e ne fanno occasione di attrazione ulteriore, è il caso, famosissimo, delle vigne e del vino poi prodotto presso gli Scavi di Pompei, mentre un progetto simile  sta riportando in vita la vigna del ventaglio nelle adiacenze dalla Reggia di Caserta, che permetterà fra poco di avere bottiglie di Pallagrello di quella storica vigna ferdinandea, o alla vendemmia nella Certosa di Padula. Il pomodorino cannellino flegreo e i suoi produttori hanno davanti la sfida della dop e  non sarà facile; è un prodotto straordinario ma con una storicità ardua da documentare, con  testimonianze orali che arrivano fino alla fine dell’800, poco altro, e le quantità che possono far arrivare sulle tavole sono più da presidio Slow Food  ( strada percorribilissima) che da certificazione Dop, ma è giusto che ci provino, con il sostegno pieno di istituzioni e sistemi produttivi regionali.

Crediamo che  oltre alla sfida certificazione, c’è da vincere una tenzone   altrettanto importante, ovvero  l’utilizzo diffuso in cucina nei ristoranti della zona e da parte dei consumatori locali; dove, se non nella buona  cucina  dei Campi Flegrei, può trovare largo utilizzo questo pomodorino?

Ora Prodotto  Agroalimentare Tradizionale della Regione Campania,  questo lavico e simpatico rosso  un po’ allungato nell’ovale,  può essere una delle basi della cucina flegrea contemporanea con i suoi grandi interpreti e  una miriade di chef in giro per il mondo che  dovrebbero  rispondere subito all’appello dei produttori  e spendere una parte di ciò  che stanziano per  altri celebri pomodorini cominciando a creare piatti  con questo pomodorino.

Con una pellicina ( esocarpo) molto delicata, quindi con grandissima digeribilità,  il pomodorino si radica in queste zone a fine ‘800 felice del pedoclima vulcanico, in quellla terra nerastra in cui si è fortunati a passeggiare.

La presentazione di fine settembre della nuova associazione         ( parola difficile sempre nelle nostre terre,applicata all’impresa) è stata quindi giustamente affrontata anche con il sostegno di alcuni chef e ristoratori che la sfida hanno inteso già raccoglierla, nella produzione di piatti sia con le  conserve che con il  fresco , così quindi abbiamo potuto degustare la creazioni de “ Il colmo del Pizzaiolo “ con Diego Vitagliano in splendida forma nel proporre  pizze fritte e al forno mentre  lo staff dell’agriturismo Don Salvatore ci deliziava  con un  carpaccio di manzo scottato, cous cous, maionese di pomodoro cannellino. Tartare di manzo bruciata invece per la Locanda del Testardo.   Il top lo si è raggiunto con Crescenzo della Ragione di la Catagna,( uno dei luoghi irrinunciabili dello storytelling  del mare bacolese),   grazie agli spaghetti con calamaro ripieno di burrata e sugo, notevole anche la palamita alla pizzaiola di  Ciro Laringe, li abbiamo degustati con due must del beverage flegreo e di buona compagnia al pomodorino: la birra artigianale alla percoca putelolana di Kyme, e il giovane vino rosato di Matilde Zasso, chiudendo con il dolce al pomodoro di Caracol.  Incomparabile e sempre straordinaria la visita alla Sibilla Cumana e a tutta l’Acropoli, un sito archologico snobbato da italiani, a quanto abbiamo potuto vedere in un giorno feriale di Settembre, ma gettonato da Inglesi e francesi colti ed entusiasti di poter affacciarsi anche su cotante coltivazioni, dopo aver fissato estasiati la pineta ed il lungomare cumano assisi sulle vetuste rovine ben tenute e rilanciate dalla nuova gestione del Parco Archeologico dei Campi Flegrei firmata Paolo Giulierini, tra l’altro pienamente coinvolto nel movimento del pomodorino flegreo che campeggia tra l’Acropoli e i nuovi scavi della Cuma bassa all’incipit della mirabile Via Domitiana i cui basolati fanno bella mostra . Ad Maiora!

Carlo Scatozza

Di Carlo Scatozza

redattore di Campania Slow | Contatto Facebook: http://it-it.facebook.com/people/Carlo-Scatozza/1654720386

Un pensiero su “Pomodorino cannellino flegreo a Cuma, la ristorazione locale sia protagonista”
  1. Un piacere immenso sapere che ci riprendiamo i nostri sapori territoriali curandone i dettagli e proteggendone le essenze.

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