Dopo i recenti studi pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica “The Lancet“ nell’ambito del progetto Prospective Urban Rural Epidemiology (P.U.R.E.), gli esperti dell’Osservatorio Grana Padano hanno valutato le abitudini alimentari di 4500 italiani, adulti, 57% donne 43% maschi di età media 52 anni per identificare il rischio di mortalità correlata all’alimentazione in relazione ai dati emersi dallo studio P.U.R.E.. Lo studio dell’Osservatorio conferma che le abitudini alimentari del campione di italiani studiati forniscono la quantità di macronutrienti che lo studio associa ad una minore mortalità.
I due studi di Lancet, infatti, hanno cercato di comprendere a livello globale il rapporto tra alimentazione e mortalità. Secondo un primo studio, di Miller e colleghi, un’alimentazione con un apporto moderato di frutta, verdura e legumi, e un basso contenuto di carboidrati, è associata a un rischio inferiore di morte e un alto consumo di vegetali non è necessario perché non diminuisce ulteriormente il rischio. Invece, secondo l’altro studio di Dehghan e colleghi, un più alto contenuto di grassi nell’alimentazione, pari a circa il 35% dell’apporto energetico, è associato a un rischio inferiore di morte. Una dieta ricca di carboidrati, fino a rappresentare oltre il 60% dell’apporto energetico, è legata invece a una mortalità più alta.
Dallo studio fatto dall’Osservatorio Grana Padano, è emerso che il consumo calorico medio giornaliero è di 2000 Kcal per le donne e 2200 Kcal per gli uomini. Non vi è nessuna differenza significativa tra uomini e donne nella ridistribuzione dei macronutrienti e mediamente gli intervistati introducono 16,2 % di energia proveniente da proteine, 1.15 g\kg di peso corporeo per le donne 1g\kg di peso corporeo per gli uomini, 49.3% dell’energia da carboidrati e il 34.5% da lipidi.
La Dott.ssa Michela Barichella del comitato scientifico OGP e Presidente di Brain and Malnutrition Association Onlus afferma:
“Lo studio dell’Osservatorio evidenzia che le abitudini degli Italiani intervistati si avvicinano molto alle percentuali di energia derivate da macronutrienti correlate a un più basso tasso di mortalità emerse dallo studio P.U.R.E. Questo potrebbe spiegare in parte il fatto che la nostra popolazione è tra le più longeve al mondo, ed anche che la dieta mediterranea in generale è la più salutare”.
Dai dati Istat 2016 si evidenzia, infatti, che la vita media in Italia per le donne è di circa 85 anni mentre per gli uomini è di circa 80 anni. Le percentuali di macronutrienti associate a un minor rischio di mortalità dello studio P.U.R.E. sono molto simili alle percentuali consigliate secondo i LARN (livelli di assunzione di riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana) che raccomandano di trarre dai carboidrati un rapporto medio tra i 50-55% di energia e dai lipidi tra 20-35% dell’energia totale introdotta. I LARN suddividono i vari tipi di lipidi e consigliano una quota di grassi saturi inferiori al 10% del totale e i PUFA (grassi polinsaturi tra i quali omega 3 e omega 6) compresi tra 5-10%. Dallo studio OGP emerge che gli intervistati introducono l’11% di energia proveniente da grassi saturi e il 4.9% dell’energia totale deriva dai PUFA.
I dati sul consumo di lipidi saturi e PUFA del campione dello studio OGP si discostano dai valori consigliati dai LARN, ma il totale dei lipidi consumato è praticamente identico (34,5 vs. 35%) ai dati emersi dallo studio americano che ha coinvolto, diciotto Paesi e più di 135.000 persone, il quale afferma che è l’apporto totale di grassi: saturi, monoinsaturi e polinsaturi, indipendentemente dal rapporto tra loro, a essere associato a un minore rischio di malattie come infarto, o morte per malattie cardiovascolari. I grassi, saturi, vengono in un certo senso “riabilitati” e cade quella “demonizzazione” tipica degli ultimi decenni che ci porta a ridurre i grassi nella nostra alimentazione, in particolare quelli di latte e derivati.
Da quanto emerge dallo studio P.U.R.E. e dai risultati dell’indagine OGP si può evincere che si possa mangiare con più tranquillità i piatti della tradizione gastronomica italiana, come le prelibatezze mangiate durante le passate feste natalizie e di fine anno, senza ovviamente dimenticare il valore calorico dei grassi che quei piatti apportano e ricordare di limitare sempre gli zuccheri e gli alcolici.
Gli esperti dell’Osservatorio hanno stilato 5 utili consigli per introdurre la “giusta” quantità di grassi.
- Utilizzare olio extravergine d’oliva, come condimento (20-30 grammi al giorno, 4-6 cucchiaini), è un alimento ricchissimo di proprietà nutritive grassi monoinsaturi e vitamina E: dal gusto e dal sapore intenso, ha un’elevata digeribilità ed è stabile alle alte temperature.
- Consumare latte e latticini, tutti i giorni. Due porzioni di latte (cad. 200 ml) o yogurt (cad.125 g) oltre alla ricotta, che non è un formaggio fresco come spesso si pensa, ma un latticino ottenuto lavorando il siero del latte. È ricca di lattoferrina una proteina importante per i suoi effetti antinfiammatori.
- Formaggio fresco o stagionato è consigliato come secondo piatto 2-3 porzioni a settimana (cad.100 g fresco e 50 g stagionato). I formaggi stagionati come il Grana Padano DOPsono ricchi di vitamine, proteine ad alto valore biologico e soprattutto calcio; pertanto oltre a consumarlo come secondo, questo formaggio si può mangiare anche tutti i giorni, per esempio 2-3 cucchiai di grattugiato (cad. 10 grammi) per insaporire i primi piatti al posto del sale.
- Il pesce, in particolare quello azzurro e il salmone, è ricco di omega3; nella dieta mediterranea, il pesce andrebbe consumato almeno tre volte a settimana per un totale di almeno 600 grammi di parte edibile.
- La frutta secca, noci, mandorle, ecc., è ricca di acidi grassi polinsaturi se ne può consumare 15-20 grammi ogni giorno. L’avocado, un frutto ricchissimo di diverse vitamine come la vitamina A, B, C, E, apporta tanta fibra, sali minerali come potassio e magnesio e alte quantità di omega3, se ne può tranquillamente mangiare 1-2 a settimana.