Dom. Dic 22nd, 2024

Nell’immediato Dopoguerra, il medico americano Ancel Keys, in visita a Napoli, si stupì che nell’ospedale cittadino non ci fosse il reparto di cardiologia. Il motivo non era la mancanza di fondi ma, più semplicemente, la mancanza di malattie cardiovascolari. Parte, quindi, un approfondito studio tra Italia, Spagna, Grecia e Marocco, per capirne meglio il motivo. Keys, che trascorrerà poi buona parte della sua vita a Pioppi, nel Cilento, finisce col teorizzare che l’assenza di problemi cardiovascolari tra le popolazioni mediterranee è dovuta allo stile di vita e all’alimentazione. Nasce, così, la Dieta Mediterranea. Ancel e Margaret Keys arrivano a rivoluzionare il mondo scientifico e tutte le convinzioni sul cibo grazie alla diffusione di tre pubblicazioni: Eat well and stay well (Mangia bene e stai bene), The benevolent bean (Il fagiolo benevolo), How to eat well and stay well. The Mediterranean way (Come mangiare bene e stare bene). Attualizzare quegli studi, dal punto di vista della cucina, sarà il tema principale delle relazioni dei cuochi alle prossime edizioni di LSDM: Il mondo vegetale, i legumi, l’olio extravergine d’oliva, la pasta secca, i pomodori, la mozzarella di bufala campana, il pescato locale; prodotti distintivi del bacino del Mediterraneo. Pensiamo, inoltre, che il ruolo del cuoco sia sempre più centrale, come artigiano di gioia e pedagogo dei propri clienti. A partire dal ‘900, secolo di grandi scoperte per il genere umano, il cibo viene vissuto come affermazione sociale e non solo come bisogno primario per sfamarsi, tanto da essere preso in considerazione anche nel campo letterario. Basti pensare all’Ulisse di James Joyce, pietra miliare nella genesi del romanzo moderno, in cui è illustrata la passione gastronomica di Leopold Bloom. Il cuoco di oggi non sfama, ma è il motore di una rinnovata sensibilità alimentare e ambientale; è portatore di conoscenza della materia e innovazione tecnica. Egli ha un valore sociale nuovo, diverso da quello del passato: diventa protagonista nell’attualizzare il modello alimentare, assecondando le esigenze del mondo moderno, senza per questo rinunciare ai piaceri della tavola e della convivialità, alla base della nostra cultura alimentare.  In questi ultimi 10 anni – dichiarano Barbara Guerra e Albert Sapere, curatori del congresso – Siamo stati fortunati, avendo avuto la possibilità di osservare molto da vicino quella che è la ristorazione d’autore italiana. Una ristorazione che, anche grazie alla mediaticità della figura del cuoco, assume un ruolo sociale diverso. Non è sufficiente, nel mondo moderno, saper fare un buon piatto, corretto tecnicamente e stilisticamente. Sono diventati prioritari anche il benessere a tavola dei propri ospiti, la sostenibilità delle produzioni impiegate nei piatti, la valorizzazione del mondo vegetale, dettare un modello di alimentazione e di conseguenza di ristorazione sostenibile. Per noi sono diventati temi sempre più centrali, senza per questo demonizzare nessun cibo, ma soltanto usando buon senso, nel rispetto del cliente e del mondo che ci circonda.  Per tali motivi, proponiamo un manifesto di 10 punti a cui, secondo noi, il cuoco italiano moderno può ispirarsi per creare la propria proposta: Proporre frutta e verdura, sia nella parte salata che in quella dolce, rispettando la stagionalità degli ingredienti; Preferire l’olio extravergine d’oliva come grasso principale; Non far mancare la pasta secca, segno distintivo dell’italianità nel mondo; Utilizzare sempre di più le proteine vegetali – come i legumi – contribuendo al recupero delle varietà tradizionali presenti largamente in tutta Italia; Preferire i prodotti da agricoltura e allevamenti sostenibili scegliendo tra quelli provenienti da filiera trasparente; Valorizzare i piccoli artigiani locali, avendo però cura di preferire sempre il chilometro buono al chilometro zero; Rispettare la territorialità e le tradizioni gastronomiche locali; Porre attenzione ai disturbi alimentari dei propri ospiti e, in generale, proporre piatti equilibrati dal punto di vista nutrizionale; Usare la tecnologia in cucina, non come fine, ma come strumento per migliorare le tradizioni; Aprirsi al confronto con i colleghi a livello internazionale e favorire le contaminazioni interdisciplinari.

Di Carlo Scatozza

redattore di Campania Slow | Contatto Facebook: http://it-it.facebook.com/people/Carlo-Scatozza/1654720386

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