Boom dei consumi di frutta secca, non solo sulle tavole per le Feste, ma tutto l’anno. Secondo il Centro studi di Confagricoltura, l’aumento della spesa destinata al consumo domestico della frutta in guscio raggiunge quasi + 8%, in controtendenza con il – 1% della spesa alimentare. Il consumo medio pro capite italiano, 1,5 chili l’anno, è ancora basso rispetto a quello di Regno Unito, Germania, Francia e Usa, ma le prospettive sono buone e si registra un forte, rinnovato interesse all’impianto di nuove superfici di coltivazione. È una vera e propria inversione di tendenza dopo che, da anni, l’Italia aveva perso la leadership produttiva. Il trend positivo riflette in pieno l’affermarsi di nuove modalità e occasioni di consumo, a cominciare dagli aperitivi, senza dimenticare le proprietà nutrizionali e salutistiche per il sistema cardiovascolare. A Napoli e in Campania da sempre lo spasso è stato parte della fine dei cenoni,mentre si sparecchia e ci si prepara magari a giocare a tombola, a tavola arriva la frutta fresca (mandarini, melone bianco meglio noto come melone di pane, grappolo d’uva) e la frutta secca, ‘o spasso, come noci, mandorle, fichi secchi, nocciole, datteri, semmient. Nonché ‘ ‘o nucleare, spesso è stato una figura tipica degli angoli delle strade campane e spesso lo è ancora soprattutto nelle occasioni di festa, “Spassateve ‘o tiempe! Nucelle ‘nfurnate, cicere, fave e semmiente ‘nfurnate, accattate” era l’invito all’acquisto della figura annoverata tra gli antichi mestieri di Napoli.
Frutta secca è anche un comparto importante per l’economia regionale, oltre ad alcune leadership consolidate come la Nocciola, la Nocciola di Giffoni Igp, le noci di Sorrento, addirittura è presente in uno dei 5 contratti di sviluppo messi campo dalla regione Campania, Befana, infatti, una dei maggiori player sul mercato nazionale, con sede a San Gennaro Vesuviano, incrementerà le linee produttive per 13,8 mil € per produzione e confezionamento. Frutta secca in Campania vuol dire anche Occupazione e lavoro.