Hanno tenuto alto l’onore della bandiera (più e meglio degli “azzurri” del calcio…): a Stavanger, in Norvegia, il 4 luglio scorso, Giovanni Lorusso e Francesco Gotti, della Federazione Italiana Cuochi, si sono battuti da campioni al “Global Chef Challenge”, organizzato dalla WACS-World Association of Chefs Societies. I due finalisti dell’Europa del Sud si sono classificati entrambi quarti, nelle loro sezioni, e non sono saliti sul podio soprattutto per un motivo paradossale: a causa delle eccellenze alimentari italiane, come olio d’oliva, Parmigiano-Reggiano e aceto balsamico, che costituivano il loro “piatto forte” ma che erano sconosciute ai giudici provenienti da Paesi lontani anni-luce dalla nostra tradizione culinaria, come Sudafrica, Singapore, Arabia Saudita e Cipro.
Il mancato apprezzamento dei nostri sapori veraci, abbinato a un paio di piccole sviste dei due assi della cucina tricolore, ha consegnato il primo posto a “Nazionali” nordiche, Norvegia per i senior e Danimarca per gli junior. Il fatto potrebbe portare all’amara conclusione “Meno prodotti italiani si usano e più risultati si ottengono”, ma il team azzurro non ci sta! «Certamente siamo stati penalizzati dagli alimenti-base della cucina mediterranea che non sono stati compresi in un ambiente e da culture gastronomiche così diversi dai nostri», afferma il coach Fabio Tacchella, «In Norvegia erano obbligatori ingredienti a noi estranei, tra cui wasabi, carne Kobe e Dimah Tea, mentre quelli italiani erano a nostra discrezione, di sicuro tollerati ma non desiderati. Inoltre tutti i partecipanti, tranne noi, all’olio d’oliva hanno preferito il burro, che è nel loro DNA culinario e rende meglio nelle preparazioni. Visto il punto a sfavore dei prodotti made in Italy, sarebbe ora di promuoverli in manifestazioni mondiali come questa. Per il “Global Chef Challenge” del 2016, spero che Aziende alimentari italiane entrino in WACS, tra gli sponsor, in modo che anche i nostri ingredienti siano nel programma e possano essere apprezzati».
A proposito degli sponsor, l’altro coach Fernando Bassi aggiunge: «Le aziende sostenitrici del concorso provengono da Asia e America, per cui i nostri sfidanti hanno utilizzato prodotti “particolari”, come il Parmesan… In futuro, visto che Dubai vuole entrare nell’organizzazione del Global Chef, potremmo essere costretti a usare in gara ingredienti “esotici”, come il latte di cammella, e a dover eliminare salumi e carne di maiale, proibiti dalla religione musulmana. Forse dovremmo dimenticarci di essere italiani?!…».
Eppure qualcosa si è mosso in nostro favore a Stavanger, come racconta Francesco Gotti: «In questa “vetrina mondiale”, abbiamo effettuato scambi di materie prime e di attrezzature con altri concorrenti, in particolare americani e tedeschi. Tra noi si è creato uno spirito di collaborazione che può essere un trampolino di lancio per l’uso all’estero dei nostri alimenti». In Norvegia, il dessert e il piatto di pesce dello chef executive del Bobadilla di Dalmine, a Bergamo, sono stati proclamati i migliori per eleganza e sapori ben bilanciati; tuttavia Gotti sottolinea un altro fattore che fa la differenza nel punteggio: «A parte i giudizi soggettivi, in gara non si adopera il cronometro e viene data molta importanza a pulizia, igiene e concentrazione, a scapito di altre capacità».
Ma su questi fronti gli “atleti” italiani non temono rivali. «I coach ci hanno insegnato il massimo rispetto delle norme igieniche e di sicurezza!», riferisce Giovanni Lorusso, chef executive del ristorante “Le lampare del Fortino” a Trani, «A Stavanger, ci siamo senz’altro distinti e abbiamo portato novità, lavorando con serenità e determinazione. Personalmente sono soddisfatto, anche se speravo in un punteggio più alto». Per la cronaca, il secondo posto è andato all’America, in entrambe le gare, e il terzo a Hong Kong, per il Global Chef, e alla Germania, per l”Hans Bueschkens Giovani Chef Challenge”; commenta Lorusso: «Le altre Nazioni, meno legate di noi alla tradizione, hanno puntato su una cucina molto moderna e presentato porzioni più ridotte e regolari, con un effetto estetico d’impatto».
In attesa delle semifinali a Lubiana, nel 2015, per il Sud Europa, gli “allenatori” e gli aspiranti “giocatori” azzurri fanno un appello alle nostre Istituzioni perché li supportino non solo “in trasferta” ma anche nel caso del “campionato di cucina” in Italia. Bassi poi lancia una provocazione: «Perché, in occasione di Expo 2015, non organizziamo un concorso a base di soli prodotti italiani e riservato esclusivamente agli chef stranieri? Credo che se ne vedrebbero delle “belle”, ma intanto i nostri alimenti avrebbero una visibilità mondiale».
Per ora, la squadra ringrazia i suoi sponsor: Olio del Garda Turri, Parmigiano-Reggiano Bonat, Riseria Ferron, Olio per frittura Gold Star, Vini Veronesi Monte Zovo, Pentole Agnelli, Base Protection (shoes), Pavoni (articoli per pasticceria), Tre Spade (attrezzature di cucina), Carine (abbigliamento professionale) e Tecnologie Decorfood Italy.