Ci uniamo alla battaglia degli allevatori sardi nel difendere il lavoro di chi pascola ed alleva nel comparto ovino-caprino, consapevoli che una alimentazione ben bilanciata e con attenzione al benessere animale, senza eccessi, prevede anche la carne, pur nel rispetto pieno di chi, per libera scelta sceglie diete vegetariane e vegane.Il disagio degli allevatori sardi è anche il disagio di tanti loro colleghi campani: i media e gli opinion leader non possono criminalizzare chi lavora, spesso in modo non industriale ma rimanendo fedeli ad antiche tradizioni, con un categoria che già vede costi di farmaci, mangimi ed energia troppo elevati, prezzi dei prodotti sempre più bassi, burocrazia, premi non liquidati. Gli allevatori protestano oggi con una controcampagna, una sensibilizzazione per contrastare, proprio sotto Pasqua, la battaglia contro la macellazione degli agnelli promossa dalla Brambilla e varie associazioni di animalisti. Queste le loro posizioni: “Ci chiediamo come mai, con tutti i problemi che è chiamata ad affrontare oggi l’Italia, si dia risalto mediatico e politico a battaglie di cui, badate bene, non contestiamo la legittimità, ma il modo in cui vengono condotte. Non si tratta di semplici campagne di sensibilizzazione, ma di macchine del fango atte a distruggere un comparto che soprattutto in Sardegna, cerca di resistere ad una crisi che attanaglia l’intera economia. Ci sentiamo danneggiati come categoria e offesi come persone nel sentir parlare di “barbare tradizioni da cambiare”. Parlano di diritto degli animali alla vita e all’integrità fisica, e perdono di vista i diritti delle persone, come il diritto al lavoro e la libertà di mangiare quel che ci pare. Non vogliamo sindacare sulle loro convinzioni etiche, ma è chiaro che quando si passa da un’idea al fanatismo, si perde il contatto con la realtà e conseguentemente con le leggi della natura. Non possiamo stare zitti davanti alla proposta di legge della Brambilla che vieta la macellazione di animali sotto i sei mesi, in primis perché non crediamo che la Signora in questione sia mossa da principi etici, quanto da interessi di carattere economico; in secondo luogo perché rappresenterebbe un notevole danno economico, non solo per noi allevatori sardi, ma per tutti gli allevatori italiani. Non ci interessa ribattere alle convinzioni personali della Brambilla, dubitiamo infatti della sua preparazione sull’argomento, probabilmente non ha mai visto un allevamento ovino in vita sua. Piuttosto ci preme focalizzare l’attenzione sulla disinformazione perpetrata da questi fanatici, e sottolineare che attraverso il suo ruolo, la Brambilla è riuscita a rimandare il recepimento di una direttiva europea sulla sperimentazione animale. Pertanto se andasse in porto la sua proposta e si arrivasse a bloccare la macellazione, si avrebbero effetti disastrosi sul nostro settore. Ci chiediamo come mai non vadano ad attaccare i produttori di Grana Padano, lì si che troverebbero allevamenti intensivi e poco benessere animale, e sicuramente fioccherebbero anche querele e mega richieste di risarcimento. Ogni allevatore si prende cura dei suoi animali e non ha nessun interesse a che dei capi muoiano ingiustamente. Il loro ciclo produttivo si articola in due fasi, il periodo di gestazione (cinque mesi) e la lattazione, non è assolutamente vero che le pecore vengono sfruttate intensivamente. La natura che questi attivisti tanto vogliono proteggere non li da ragione, segue le sue regole e si serve della selezione. Anzi se non ci fosse l’intervento dei pastori molti agnelli morirebbero per malnutrizione, poiché succede che le madri li rifiutino, oppure che, in caso di parto gemellare, il latte materno non soddisfi il fabbisogno di entrambi i piccoli. Ci domandiamo, inoltre, se si rendono conto delle risorse che richiederebbe la sopravvivenza di tutti gli ovini che nascono, o se pensano di fare una legge che proibisca agli animali di accoppiarsi!
Questo l’appello degli allevatori sardi, “Dar voce al nostro piccolo coro non è semplice, soprattutto se si tratta di trovar spazio sulle televisioni nazionali. Con difficoltà cerchiamo di difenderci promuovendo campagne su internet, attraverso Facebook con iniziative come A Pasqua un agnello per salvare un’economia; oppure la simpatica idea dell’ hashtag #boicottachiboicottal’agnello. Stiamo inoltre valutando di promuovere una class-action per denunciare qualsiasi azione o dichiarazione diffamante che in questo periodo sta arrecando enormi danni all’intero settore ovinicolo.
I pastori non sono dei barbari, hanno alle spalle una tradizione ancestrale, ricca di gesti, riti e valori che non vogliono sacrificare al progresso, ne tanto meno alla prepotenza dei poteri forti. Ciò che vogliamo dire alla Brambilla è che non si passa dalla barbarie alla civiltà calpestando i diritti degli altri, noi pensiamo che uno stato civile debba garantire i diritti di tutti i cittadini, anche quelli di chi vuole portare l’agnello in tavola a Pasqua.