Ven. Nov 22nd, 2024

raffaelevivianiRiprendendo un volume di Poesie del grande Raffaele Viviani, edito da Guida nel ’90, in riedizione della prima raccolta “ Tavolozza”, balza agli occhi la grande importanza del tema gastronomico nella narrazione di innumerevoli tipi e situazioni della Napoli tra la fine dell’800 e la  prima metà del XX sec. , testimonianza del fatto che il cibo, per ragioni di Fame o di Gusto, nella città affollata,  era tema primario…forse dopo l’amore. Nella poesia  ‘E vvoce ‘e Napule il protagonista è un venditore di ortofrutta che trova il suo incontro amoroso e sensuale in  una graziosa fanciulla, con un frasario di doppi sensi “ Na mano ‘mpietto a chella camicetta, cchiù liggiera ‘e na seta: So’ d’ ‘a rocca, ih che belli cepolle!”.Figura storica è l’acquaiuolo il quale tra i vicoli sparge il suo messaggio “pubblicitario “che bell’acqua”- “Chi Vo vevere”, dispensando limonate e lamentandosi per i suoi problemi amorosi e per il caldo torrido. Altra figura scomparsa e’ il maruzzaro , ovviamente il  venditore di lumache “Chino ‘e pepe” venduti insieme ai gamberi   o al brodo di polpo e cozze. Il maruzzaro decanta le sue doti di lavoratore  ad una donzella restia ad affacciarsi. Figura povera e che illustra le “doti” anche truffaldine del cantiniere è il “cacciavino” ovvero il garzone di cantina. Non manca il vero e proprio uomo marketing del vicolo, ovvero ‘o pazzariello, intento a magnificare l’apertura di una nuova macelleria ( Chianca) nella zona del Cavone e l’inaugurazione di una nuova cantina al vico ‘ e femmenelle. Tutto è diviso tra l’elegia del cibo servito e avvenenza e  onestà delle proprietarie : “ E ‘a masta ‘onna Vincenza mette o gghiusto int’ ‘a valanza, si ‘a vedite, benedico, tene ‘a faccia d’ ‘abbundanza”.Il pizzaiolo di strada è ritratto d’inverno, in un periodo di grande povertà, in cui le Pizze di Guerra erano dure e fatte di materiali di risulta. Ovviamente piene di frizzi e lazzi allusivi sono  le poesia ‘O Ficaiuolo e ‘O Ficurinaro. Lotta all’alcolismo nella poesia ‘ Ommo ‘e vino, in cui si narra la lotta per non accompagnare ‘ Na bella ‘nsalatella ‘e pummarole  con il vino cui il soggetto è particolarmente sensibile. Faciteme Magnà è un vero e proprio atto d’accusa contro i suonatori di mandolino che infestavano il borgo Santa Lucia, già allora sede di rinomati ristoranti: “niente cantante, niente pusteggia pè putè magnà nu vermicello a vongole abbondante” . La Rumba degli Scugnizzi sciorina un vero e proprio menù da street food: gamberi, insalata di scarola riccia, finocchi, ‘o Spassatiempo (ceci tostati , sementi), gelati, pizza c’alice cocco, mellune chine ‘e  fuoco ( caldarroste) , mele cotogne , testa di polipo. Anche in questo si evince nella figura di Raffaele Viviani un grande esponente del decadentismo italiano, un narratore dell’ anima napoletana che, soprattutto nei teatri, rappresentò con maestria e sapienza.

Di Carlo Scatozza

redattore di Campania Slow | Contatto Facebook: http://it-it.facebook.com/people/Carlo-Scatozza/1654720386

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