E’in libreria, per la Panda Edizioni( collana di Poesia L’orto dei semplici) il libro di Poesia del poeta di Melfi Antonio Avenoso, pubblichiamo alcune recensioni alla sua raccolta che omaggia il rapporto tra vino e uva .Un sereno incanto, attraversa questa raccolta di versi organici e sorvegliati che si raccontano in poema. Un lavoro calibrato con saggezza ed armonia alla vita che scorre. Grande protagonista dell’ultima raccolta poetica di Antonio Avenoso, nell’ampia varietà dei suoi significati, è il vino. Una metafora di intelligente esito lirico che perlustra con lucidità e trasporto il senso dell’esistenza.
Recensione di Rossella Montemurro su ilMioTG.it
« “Esperienze, emozioni, stagioni perdute, antichi sapori e profumi, tutto un mondo lontano torna a vivere negli splendidi versi di Antonio Avenoso, poeta e scrittore tra i più raffinati”.
Con queste parole Angioletta Masiero descrive nella sua introduzione le liriche che il poeta melfitano ha raccolto in “Versi dall’Uva al Vino”Secondo Masiero – che è rimasta affascinata “per il linguaggio asciutto, essenziale, per la suggestiva bellezza delle immagini, per la sfaccettata dolcezza dei ricordi, per l’amore che traspare verso la terra e la vita, per l’ispirazione genuina che si cala nei versi in modo mirabile” – Avenoso, “in questo poemetto, si fa interprete dei segreti del reale, rivela l’eco delle voci più profonde della natura”.
Grazie alla delicatezza del suo stile – dote che si riflette in questa sua ultima raccolta: “Ho imparato la bellezza del tempo/ ma anche che il tempo è bellezza,/ compreso come sorseggiare un bicchiere./ Si tuffano/ indifesi/ i sogni./ Ho imparato dove riposano/ dove ci vengono a trovar le carezze.” – il poeta lucano ha ottenuto numerosi riconoscimenti.
Nella sua bibliografia rientrano Metamorfosi (1977), L’acqua è uno specchio (1981); Una notte attraversando un sogno (1985); Poema disperato (1986); Da nessun luogo e dal mondo (1988); Il viaggio a Gerusalemme (1990); Comunione del vero sentire (1991); L’azzurro del cielo (1993); Nessuno può sbagliare il calcio di rigore (1996); Ascolta il canto (1998); Imperatore del vento (1998); Breve tempo di guerra (1999); Pensando al tempo nel richiamo del giorno (2004); Atlante di luoghi e viaggi (2004); Dio sulla strada (2007); Penisola e sogni (2009); Un poeta ricomincia daccapo (2011); Graffiare le ore del cuore (2012) ».
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“L’incanto della vita nel poemetto di Antonio Avenoso”
recensione di Angioletta Masiero
«Ho conosciuto lo scrittore Antonio Avenoso in occasione della cerimonia di premiazione del Concorso Internazionale “Villa Selmi” 2012 che lo ha visto vincitore della sezione poesia edita con il libro ” Un poeta ricomincia daccapo “. I suoi versi, così incisivi e profondi, mi sono entrati nell’anima da subito. Li ho amati d’impulso, senza mediazioni, nè titubanze. Sentivo che mi “appartenevano” perché facevano vibrare le mie corde interiori, il mio sentire più profondo. E mi coinvolgevano totalmente.
Leggendo il manoscritto ” Versi dell’uva al vino ” ho provato la stessa empatia, lo stesso coinvolgimento.
Ci tengo a sottolineare che mi capita assai raramente di provare emozioni così intense durante la lettura di testi poetici. Ma come restare indifferenti di fronte a versi così seducenti: ” Ho imparato la bellezza del tempo/ ma anche che il tempo è bellezza,/ come sorseggiare un bicchiere…”.
Questo nuovo poemetto di Antonio Avenoso mi ha affascinato per il linguaggio asciutto, essenziale, per la suggestiva bellezza delle immagini, per la sfaccettata dolcezza dei ricordi, per l’amore che traspare verso la terra e la vita, per l’ispirazione genuina che si cala nei versi in modo mirabile.
Esperienze, emozioni, stagioni perdute, antichi sapori e profumi, tutto un mondo lontano torna a vivere negli splendidi versi di Antonio Avenoso, poeta e scrittore tra i più raffinati.
” Non diciamo nulla/ – egli scrive – coloriamo a nostro modo/ il mondo “. E’ un invito, questo, che tutti noi dovremo accettare e far nostro. Perchè ognuno di noi dovrebbe regalare qualcosa di se stesso agli altri, ognuno di noi dovrebbe cercare di squarciare il velo della solitudine e dell’egoismo, dovrebbe far udire la propria voce e avvicinarsi a tutte le creature.
Avenoso, in questo poemetto si fa interprete dei segreti del reale, rivela l’eco delle voci più profonde della natura.
L’uva, simbolo di trasformazione, mi fa pensare alla vita, intesa come continua evoluzione e mutamento. L’uva, frutto della terra, si compenetra con quest’ultima, matrice di tutte le cose.
” Devo capire ciò che mi suggerisce/ la buona terra ” scrive il poeta. E ci fa pensare a ” filari pieni/ rossi/ ricchi/ fragranze/ come fiamma scoppiettante. ”
Una fuga di vigneti, un ” fuggire di chi fugge/ per ritrovarsi”.
Profonda introspezione nei versi di Avenoso e talvolta un ripiegarsi del poeta sulle sue personali esperienze. Anche l’amore diventa un mezzo di partecipazione alla vita cosmica, con il quale l’uomo cerca di sottrarsi all’azione del tempo e superare la paura della morte.
Tema quest’ultimo che non è cantato con toni cupi, ma come una realtà che l’uomo deve accettare, cercando al tempo stesso di giustificare la vita con questo contatto d’amore con tutte le cose, con la continua riscoperta della natura, della terra.
” Riderai al gusto antico dell’uva dolce/ al magico incanto di una notte stellata/ alla musica allegra che da lontano porta/ il mattino che irrompe,/ il profumo del pane./ Riderai al gusto antico dell’uva dolce/ al sole rosso che splende/ a mattino avanzato/ e sarà meraviglia/ smuovere con le mani il giorno.”
Nel poemetto di Avenoso vi è una continua trama di rispondenze fra vita e natura, che la memoria dell’autore ritrova e accoglie non in chiave individuale ed episodica, ma come recupero di una geografia interiore che si innesta in un’organica visione dell’universo naturale. Vi è l’esigenza del poeta di un ritorno emotivo ad un mondo di affetti, di sogni, di risonanze interiori.
” Vendemmio – egli scrive – in verità/ nel giardino incantato/ per il mio amore/ palpito che ascolto/ volto d’incauta luna/ ridestata “.
Le viti hanno le radici ben salde nel terreno ma si protendono verso l’alto; così l’uomo vive camminando su questa terra mentre il suo spirito anela al cielo.
E l’autore ce lo conferma con i suoi versi: ” Ogni vite sa d’essere/ legame tra cielo e terra./ Differente la tua vita?”.
Quando, nel 1971, fu conferito il Premio Nobel a Neruda egli disse: ” Il poeta deve apprendere dagli altri uomini. Non c’è solitudine inespugnabile. Tutte le strade portano allo stesso punto: alla comunicazione di ciò che siamo. E bisogna passare per la solitidine e per l’asprezza, per l’incomunicabilità e il silenzio per arrivare al recinto magico nel quale possiamo danzare pesantemente o cantare con malinconia: ma in quella danza o in quella canzone si condensano i riti più antichi della coscienza: della coscienza di essere uomini e di creare un destino comune “.
L’uomo, ogni giorno, semina sogni, sparge pensieri, inquietudini, paure, speranze… E, come ” l’uva sogna diventar vino/ l’uomo d’iniziar vita “».