Sab. Nov 2nd, 2024

Slow Food è con i contadini e lo spiega presentando questo importante manifesto, presso un noto ristorante di Napoli.

L’incontro, condotto da Geppina Landolfo, Presidente Arga Campania – Associazione Regionale Giornalisti Agroalimentari, è stato aperto da Massimo Di Porzio, patron di Umberto ed esponente di quella che lui stesso ha definito “resistenza gastronomica”.

A portare la testimonianza del mondo agricolo è stato Vincenzo Egizio, contadino di Brusciano: «Nella nostra terra esistono tante piccole aziende con prodotti che sono riconosciuti di grande qualità ma che non riescono a fare reddito perché non possono competere col mercato agroalimentare oggi in essere. I prodotti hanno a priori un prezzo definito e una scheda tecnica e organolettica che non tiene conto né dei costi effettivi né della biodiversità, unici testimoni di una produzione rispettosa del territorio. Oggi c’è bisogno di ritornare al rispetto del terreno».

In controtendenza rispetto al canovaccio consueto, Maria Scarinzi ha poi presentato il logo del Manifesto, il quale caratterizzerà tutti gli appuntamenti di Resistenza Contadina. Maria, figlia di contadini, parte dalla descrizione della città cattiva, quella dove bisogna abbassare la voce per non dare fastidio e dove l’unico verde è quello dei campi di calcio. «Credevo che la città giusta fosse quella dove funziona tutto, mentre oggi posso dirvi che ho deciso di rimettere al centro le radici, la famiglia e di pensare all’agricoltura come prima e più antica forma di fede. Sono felice di avere potuto realizzare questo logo perché oggi ritorniamo a parlare di contadini, non di imprenditori agricoli».

Gaetano Pascale, Presidente Slow Food Campania, ha così sintetizzato: «Avremmo preferito non ci fosse bisogno di “resistenza”. Invece oggi dobbiamo porre un punto di partenza: noi siamo coi contadini. Resistenza contadina è un manifesto aperto, un punto di partenza sul quale ragionare con chiunque voglia unire la propria voce a quella dei contadini. Slow Food non vuole e non deve rappresentare i contadini, ma apprendere da loro e dargli voce. Noi avremo iniziative nelle Condotte per aiutare i contadini a superare difficoltà diventate insostenibili. Il Manifesto parte dalla Campania ma vuole arrivare, con i dovuti distinguo, in ogni parte del mondo».

In chiusura, arriva il primo impegno comunicativo con Gianpaolo Necco, Consigliere nazionale Unaga: «L’Arga Campania si occuperà di divulgare il Manifesto in tutte le Regioni dove figurano le Arga. I contadini non sanno più con chi parlare. Siamo un Paese in crisi ma c’è una speranza: a Napoli, città di mare, si parla di agricoltura».

Alcuni Capisaldi del Manifesto:

Un sistema di distribuzione del cibo che strozza i margini di chi lavora la terra, ben al di sotto della soglia di convenienza.
Il valore dei prodotti della terra si è progressivamente ridotto, soprattutto quando le produzioni agricole sono destinate alla trasformazione e al confezionamento da parte dell’industria alimentare una legislazione che privilegia sempre di più i processi di industrializzazione del cibo.
Le norme del settore agroalimentare penalizzano le produzioni tipiche e di piccola scala e in alcuni casi determinano l’abbandono di metodi produttivi tradizionali, la burocratizzazione diviene spesso insostenibile per le piccole aziende agricole.
Il proliferare di adempimenti burocratici, spesso oltre ogni logica, costringe i contadini a destinare tempo e risorse che vengono così distolte dall’attività produttiva vera e propria.
L’avanzare del cemento che, soprattutto nelle zone periurbane, determina una progressiva e irreversibile perdita di suoli agricoli
In queste aree la vendita di terreni a scopi edificatori determina un ricavo che l’agricoltore non realizzerebbe nell’intero arco della sua vita lavorativa, disincentivando di fatto qualsiasi attività agricola.
Il diffondersi dell’illegalità anche nei sistemi di produzione del cibo
In alcuni contesti il rischio di contaminazione con forme più o meno organizzate di illegalità è molto alto.
Illegalità che in questi casi può assumere forme diverse, dall’utilizzo del lavoro nero e del caporalato nelle aziende agricole allo sversamento abusivo dei rifiuti su suoli agricoli, dal riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite al controllo dei mercati di beni alimentari.
La competizione commerciale si gioca pressoché esclusivamente sul prezzo, rendendo sempre più difficile la sopravvivenza di quei produttori che puntano sulla biodiversità, su varietà ed ecotipi locali, su pratichtradizionali ed eco-sostenibili.
Pertanto Slow Food ritiene necessaria una forma di resilienza per consentire a tutti quegli agricoltori che resistono con ostinazione ad avversità e a ostacoli così grandi, di continuare a svolgere il proprio lavoro con dignità e con le opportunità che un’attività tanto nobile dovrebbe naturalmente offrire.

Di Carlo Scatozza

redattore di Campania Slow | Contatto Facebook: http://it-it.facebook.com/people/Carlo-Scatozza/1654720386

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.