Gio. Dic 19th, 2024

Sarà presentato giovedì prossimo, 28 ottobre, alle 18 presso la libreria Fnac in via Luca Giordano 59 a Napoli l’ultimo libro curato da Maristella Di Martino. Dopo aver passato in rassegna in lungo ed in largo la Campania facendo tappa prima a Salerno e in Irpinia, quindi in Terra di Lavoro e in Costiera Amalfitana pubblicando quattro volumi sulla cultura gastronomica dei territori, la giornalista enogastronoma esce con un nuovo libro su “La cucina napoletana” (L’Ancora del Mediterraneo, pp. 280, euro 20). Sempre con l’obiettivo di valorizzare il patrimonio di prodotti tipici presente in regione attraverso un percorso scientifico che conduca allo sviluppo del comprensorio, l’autrice ha puntato stavolta sulla proposta della capitale gastronomica campana rivisitata attraverso l’alta scuola di Antonio Tubelli. Il libro, il cui filo conduttore è la considerazione del cibo quale bene culturale, rappresenta la quinta pubblicazione della Di Martino impegnata da anni in un’attenta ricerca sulla ristorazione campana e si sofferma a fotografare l’interpretazione culinaria firmata dal più importante allievo di Angelo Paracucchi, considerato il padre della cucina creativa italiana morto nel 2004 che nel suo testamento professionale sintetizza la propria filosofia del gusto in pochi ma essenziali punti: l’importanza della materia prima, il recupero e l’estensione, nelle preparazioni, nella cottura e nei condimenti, dell’olio d’oliva di alta qualità, l’innovazione sempre rapportata alla tradizione, gli accostamenti innovativi e l’attenzione all’estetica sia dei piatti che degli arredi del locale.

La giornalista, attraverso l’appassionata testimonianza di Tubelli, focalizza la sua attenzione su un unico chef, esempio di una cucina napoletana rivista alla luce della grande tradizione del Regno e della proposta di strada per ripercorrere le tappe fondamentali dell’ineguagliabile esperienza gastronomica della Napoli di ieri, di oggi, di sempre. Partendo dall’infanzia dello chef, l’autrice indaga le ragioni della sua complessa filosofia del gusto individuandone la matrice innanzitutto nel patrimonio antropologico-culturale legato alla lezione appresa in famiglia, poi nella grande scuola gastronomica del Regno rivissuta attraverso la personale interpretazione dei canovacci gastronomici contenuti nelle opere dei gastronomi del Settecento, quindi nella cucina di strada tanto radicata in città fin dagli anni del dopoguerra.

Antonio Tubelli nasce a Napoli. Sindacalista, si avvicina alla cucina grazie alla scoperta e alla lettura di antichi testi della gastronomia napoletana. Nel 1996 avviene l’incontro che trasformerà quella passione in una vera e propria professione: conosce il maestro Angelo Paracucchi, con il quale lavora fino al 1996 apprendendo tutti i segreti della cucina italiana. E’ docente nei corsi di Master Food organizzati dallo Slow Food nel quadro dell’Università Italiana di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Colorno. Partecipa al Festival internazionale del cibo di strada che si svolge a Cesena, e all’evento alimentare mondiale Terra Madre. È stato consulente gastronomico in tutte le edizioni del Salone del Gusto (Slow Food). Il laboratorio di gastronomia che ha aperto a Napoli con il fratello Lucio, Timpani&Tempura, è divenuta sede didattica dell’Università italiana di Scienze Gastronomiche.

Maristella Di Martino, giornalista, sommelier e maestro assaggiatore di formaggi, è dottore di ricerca specializzato nella comunicazione enogastronomica e nel marketing territoriale. Docente di Materie Letterarie nei Licei, collabora con prestigiose riviste di settore ed è autore di numerosi volumi sull’enogastronomia nonché di guide turistiche. Insegna nei corsi di Master Food organizzati dallo Slow Food nel quadro dell’Università Italiana di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Colorno, oltre a svolgere consulenze scientifiche per la Camera di Commercio di Salerno e Caserta, Unioncamere Campania e Assocamerestero.

Del libro dice Carlo Petrini, fondatore di Slow Food: «Nelle pagine del volume sfilano sartù, gattò, ziti e vermicelli con il ragù, pasta alla scàmmaro (cioè di magro, con acciughe, capperi, olive e pecorino) e i timpàni, ovvero timballi di sfoglia ripieni di pasta, e poi la frittura, i pranzi di natale, della domenica e quelli di tutti i giorni. Ma non solo ricette, anche riflessioni puntuali e affascinanti che ci accompagnano a scoprire la cucina della necessità, degli avanzi e della finzione, il rapporto con il cibo, le invenzioni culinarie a partire dai prodotti centrali che sostanziano la cucina napoletana, il rapporto fra storia-tradizione e modernità e altre cose ancora. Il tutto alla luce di un principio che è sacrosanto: la cucina come territorio culturale».

Di Alessandro Tartaglione

Direttore Responsabile di Campania Slow | Contatto Facebook: http://www.facebook.com/a.tartaglione

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