Ogni anno oltre i 5 milioni di turisti stranieri scelgono l’Italia e una buona parte di essi la Campania e la Provincia di Napoli, per visitare ristoranti, cantine, gastronomie e con essi i luoghi di produzione degli oltre tremila prodotti tipici che compongono l’atlante gastronomico del Paese. Cosi il Rappresentante della Consulta Nazionale dell’Agricoltura e dell’Agroalimentare, Rosario Lopa, a margine del riconoscimento dato alla provincia di Napoli, per la Ristorazione di qualità.Per i turisti stranieri, continua Lopa, l’enogastronomia è il secondo punto di forza dell’offerta turistica nazionale, il primo per i turisti abituali. Il turismo eno-gastronomico straniero muove direttamente 3,5 miliardi di euro, a cui si aggiungono quasi 5,5 miliardi dovuti al turismo nazionale. 700mila italiani hanno infatti dichiarato, nel 2008, di aver effettuato specificatamente un percorso enogastronomico come modalità di vacanza principale. E per i turisti stranieri la nostra ristorazione merita un voto superiore all’8,5, addirittura più alto di quello dato al patrimonio culturale ed ambientale.
Fra gli altri indicatori significativi che evidenziano la vastità del fenomeno sono stati segnalati le oltre 50milioni di giornate di escursionismo effettuate per visitare sagre, pranzare in uno dei 50mila ristoranti della provincia italiana. o acquistare uno degli oltre 170 prodotti a marchio Dop e Igp e dei oltre 3.000 prodotti tradizionali. Non ultimo il contributo dato dal movimento legato al nutrito elenco di eventi fieristici che ruotano proprio intorno al prodotto agro-alimentare e che significano viaggi, pernottamenti, consumi alimentari ed acquisti. Naturalmente, ha ribadito l’esponente dell’Agricoltura, grossa importanza è da attribuire ai pubblici esercizi, che sia sul piano culturale, per ciò attiene alla difesa delle tradizioni alimentari del Paese, sia sul piano economico per il contributo che le imprese del settore danno al fatturato turistico, soprattutto in un momento difficile come l’attuale, ed alle produzioni agro-alimentari nazionali di cui rappresentano un importante mercato di sbocco. Anche nella vita quotidiana il consumo alimentare fuori casa diventa sempre più importante, complici i cambiamenti degli stili di vita e dei modelli di consumo. Negli ultimi 40 anni i consumi alimentari delle famiglie all’interno delle mura domestiche sono cresciuti del 33,8%; quelli fuori casa del 140,7%. E se nel 1970 ogni famiglia italiana spendeva fuori casa il 19% del budget destinato al consumo alimentare oggi questa stessa famiglia ne spende il 31% per un valore superiore ai 4milioni di lire all’anno.
Sono un milione e mezzo le persone che pranzano in un ristorante e poco meno coloro che scelgono il bar. Il profilo prevalente è quello di una persona di sesso maschile, che risiede revalentemente nel nord e nel centro Italia ed ha un’età compresa tra 25 e 44 anni tema della sicurezza alimentare e della tracciabilità degli alimenti, si porrà l’accento sulle oltre 3.000 produzioni tipiche che il nostro Paese può vantare, della promozione della filiera agro-alimentare italiana, non soltanto sul mercato interno quanto piuttosto sui mercati esteri. Un passaggio mi preme mettere in evidenza, sottolinea Lopa, ed è il ruolo del cuoco, della sua essenza, di cosa si debba intendere per cuoco: Sulla questione commercianti e artigiani, credo che questo discorso sia molto legato alla figura del cuoco e all’eventuale esistenza di un albo professionale. Si deve fare una riflessone più seria: da questo punto di vista si é andati all’avventura e bisognerebbe cercare di capire cosa vuole la categoria, cosa si aspetta il mondo dei cuochi, chef etc.partenopei. Bisognerebbe entrare nel merito e trovare una strada su cui muoversi, proprio per individuare anche la figura centrale del cuoco. Il ristorante é commercio e non artigianato perché ancora non si é vista come centrale la figura dello chef, come cardine della realtà. Ci si muove in una dimensione di esercizio, di luogo dove si vende qualcosa, non dove si crea qualcosa. Se si rafforza questa figura dello chef, anche questo discorso può cambiare angolatura e ragionamento. Probabilmente i luoghi dove si fa cultura di massa verranno dati ai commerciali, mentre una cucina più elaborata e attenta alla qualità può diventare di carattere più artigianale. Questo é il problema su ci dobbiamo misurare. si dovrebbe dar modo ai consumatori di poter sceglier rispetto a quello che consuma.Verissimo, ma quanto tempo possono prendersi gli chef di casa nostra per arrivare a capire? Quali strade devono imboccare per trovare prima possibile le risposte giuste e vincenti? Sicuro l’alta professionalità, in quanto strumento fondamentale per diffondere la cultura della tavola di qualità Napoletana. Tutti sappiamo, infatti, che la buona cucina deve partire, per essere tale, da altrettanti buoni prodotti: un grande vino, ad esempio, trova la sua fonte primaria di qualità nelle grandi uve di vigne particolarmente vocate. Se lo chef ha il compito di trasformare i prodotti in ricette dove, accanto alla nutrizione, ci sia il piacere di mangiare, il ruolo degli artigiani del gusto è quello di darci prodotti di grande qualità e sani, in quanto ottenuti nel rispetto dell’ambiente e della nostra salute. che aprirà finestre sul mondo, spesso sconosciuto, delle nostre realtà agroalimentari. Ma non basta dimostrerà che mangiar bene non significa spendere tanto. Gli ingredienti di un buon piatto, infatti, sono ottime materie prime condite con la saggezza e l’inventiva. Appena le condizioni istituzionali c’è lo consentiranno, ha concluso Lopa, presenteremo alla presidenza della Provincia di Napoli,un progetto per i ristoranti tipici partenopei.
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