Mer. Dic 18th, 2024

La crisi non “taglia” l’alimentare e così a Natale e a Capodanno gli italiani non rinunciano alla festa a tavola. Rispetto alle festività dell’anno passato, i consumi non hanno subito un drastico ridimensionamento: solo un meno 0,5 per cento. Mentre la spesa, in termini monetari, è aumentata del 5 per cento, con un esborso di oltre 6 miliardi di euro. Consumi che, comunque, hanno visto affermarsi ancora una volta il tipico, la tradizione e il “made in Italy” a discapito di prodotti come il salmone, le ostriche, il caviale, la frutta esotica che si sono venduti con il contagocce. A rilevarlo è la Cia-Confederazione italiana agricoltori, secondo la quale le prime stime non segnano, quindi, il tanto paventato crollo.

La spesa alimentare -secondo le stime della Cia- è stata così ripartita: 2,4 miliardi di euro per carni e pesce, 1,2 miliardi per primi piatti e per il pane, 900 milioni per dolci (con panettoni e pandori che hanno fatto la parte del leone); 700 milioni per vini e spumanti (per il 94 per cento italiani), 500 milioni per formaggi e salumi (molti dei quali a denominazione di origine) e 320 milioni per frutta fresca o secca.

Come al solito, hanno prevalso nei pranzi e nelle cene tra le mura domestiche carni, pesce, insaccati, dolci, vini e spumanti. Specialmente questi ultimi hanno fatto registrare un vero exploit, con oltre 140 milioni di bottiglie, nella stragrande maggioranza nazionali, con Asti e Prosecco in testa. Un aumento nei confronti dell’anno passato pari a 2,1 per cento.

Per i vini, soprattutto quelli rossi, sono state feste all’insegna della crescita. Tra Natale e Capodanno si sono stappate 160 milioni di bottiglie, il 95 per cento di produzione italiana, con una crescita dell’1,8 per cento rispetto allo scorso anno.

Per il vino “made in Italy” si è, comunque, avuto anche un forte exploit nelle vendite all’estero. Le esportazioni sono cresciute, nel periodo natalizio, di oltre il 20 per cento. Ottimi i risultati ottenuti negli Usa, ormai divenuto il primo mercato di sbocco per le produzioni vinicole nazionali.

Tra le carni e gli insaccati, sono stati preferiti -rileva la Cia- pollo e tacchino, maiale, cotechini e zamponi, che anche in questa occasione sono stati preferiti ad ostriche, caviale e salmone (prodotti che hanno subito un calo dei consumi pari al 35 per cento).

Hanno tenuto anche gli acquisti di pane e pasta che, dopo i cali dei mesi scorsi, hanno segnato -avverte la Cia- una ripresa: rispettivamente, più 0,4 e più 0,8 per cento nei confronti dello stesso periodo dell’anno passato.

Meno positivo è stato l’andamento registrato dal settore ortofrutticolo, che ha avuto una flessione dell’1,5 per cento. Bene, tuttavia, il trend per la frutta secca (noci, nocciole e mandorle), che hanno segnato un aumento nelle vendite di circa 2,5 per cento e dei legumi (lenticchie e fagioli in testa), cresciuti del 3,5 per cento. Fortemente negativi, invece, i consumi di frutta esotica (tanto ricercata negli anni passati): ananas, avocado, banana, e mango hanno, infatti, avuto una diminuzione superiore al 25 per cento.

Oltre ai tradizionali dolci (panettoni, torroni, pandori, che hanno avuto una buona performance), nei menù delle feste di Natale e di fine anno -sottolinea la Cia- hanno trovato spazio i prodotti tipici e di qualità che costituiscono un grande patrimonio per il nostro Paese. Non solo, però, Dop, Igp, Doc e Igt, ma anche quelli che hanno tradizioni profonde, un forte legame con il territorio e che non hanno ancora avuto il riconoscimento europeo. C’è, infatti, una ricerca, da parte degli italiani, di prodotti di “nicchia”, frutto della paziente e secolare opera dei nostri agricoltori. Prodotti acquistati soprattutto nei tantissimi mercatini che sono stati allestiti soprattutto nei borghi e zone rurali.

In questi mercati degli agricoltori, che nelle feste sono stati visitati da quasi 8 milioni di persone, si è potuto trovare di tutto e a prezzi più bassi rispetto alla normale distribuzione: dai vini agli oli extravergini di oliva, dai formaggi ai salumi, ai legumi, alle castagne, dai dolci tipici fatti in casa (pastiere, cassate, struffoli, torroni, panpepati, panforti, mandorlati, torte farcite, ciambelloni) alla frutta secca.

Non sono state, quindi, feste opulente, ma neanche tanto “fredde” sotto il profilo dei consumi alimentari. Le vendite, come qualcuno paventava, non sono andate a picco. Gli italiani non hanno rinunciato alla festa in famiglia, anche se gli acquisti, rispetto agli anni passati, sono stati molto più oculati. Acquisti -rimarca la Cia- che sono stati indirizzati verso prodotti enogastronomici più abbordabili sotto l’aspetto economico. Nella stragrande maggioranza nazionali e tipici delle feste natalizie. Pochi i cibi di “fascia alta”. Un vero stop alle spese folli.

La Cia sostiene, infine, che per gli acquisti dei prodotti agroalimentari consumati durante le feste natalizie, le oltre 23 milioni di famiglie italiane si sono rivolte in prevalenza alla grande distribuzione commerciale (56 per cento), seguita dai negozi tradizionali (24 per cento), dai mercatini locali (18 per cento), e da internet (2 per cento).

La tavola delle famiglie italiane a Natale e a Capodanno

(dati in quantità rispetto al 2007)

 

Carni e insaccati

-0,4%

Pesce

-0,6%

Formaggi

+0,2%

Dolci

+0,5%

Frutta e verdura

-1,5%

Vini

+1,8%

Spumanti

+2,1%

Pane

+0,4 %

Pasta

+0,8%

 

Stime Cia-Confederazione italiana agricoltori

Di Alessandro Tartaglione

Direttore Responsabile di Campania Slow | Contatto Facebook: http://www.facebook.com/a.tartaglione

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