Ven. Nov 22nd, 2024

Ormai è una vera “invasione”. L’assalto del “suino straniero” (875 mila tonnellate per un valore di oltre 1 miliardo e 700 milioni di euro l’import del 2007, con oltre 60 milioni di cosce di maiale fresche) rischia di mettere in discussione il futuro dei nostri produttori. Tre prosciutti (cotti e crudi) su quattro sono esteri. In pratica, un prodotto con cosce di suino importate. E con nomi di fantasia si cerca anche di confondere il consumatore spacciandoli per “made in Italy”: “prosciutto del contadino”, “prosciutto nostrano”, “prosciutto di montagna”, “dolce di Langhirano”. Uno scenario, dunque, sempre più difficile che occorre fronteggiare con adeguate misure anche per venire incontro alle esigenze dei suinicoltori italiani alle prese con costi di produzione a livelli insostenibili e con consumi in forte calo. A lanciare l’allarme è la Cia-Confederazione italiana agricoltori la cui Direzione nazionale ha approvato un documento nel quale si analizza l’attuale situazione del settore e si avanzano una serie di proposte per cercare di uscire da una preoccupante crisi.

Obiettivo prioritario è quello di tutelare e valorizzare la qualità e le Dop dei prosciutti e dei salami “made in Italy” con adeguate politiche ed interventi mirati. D’altra parte, il settore suinicolo nazionale -si evidenzia nel documento della Direzione Cia- subisce da anni la concorrenza dei prodotti provenienti dall’estero, di minore qualità, ma fortemente competitivi nei prezzi di produzione. In sostanza, l’Italia importa oltre il 40 per cento del proprio fabbisogno di carne suina in assenza di qualsiasi sistema obbligatorio di indicazione della provenienza che informi il consumatore rispetto al luogo di produzione e di macellazione delle carni.

La filiera è, inoltre, gravata da consistenti e crescenti oneri derivanti dalle normative ambientali e sanitarie. Costi che pesano sul sistema allevatoriale e che risultano spesso distorsivi della concorrenza sul mercato. Infatti, non sono garantiti controlli che certifichino che i prodotti e gli animali importati adottino le stesse garanzie per il consumatore. In un simile contesto, è necessario riaffermare una progettualità della filiera nazionale suinicola, che ne tuteli la tipicità e il livello di eccellenza qualitativo e che -si afferma nel documento- possa determinare condizioni di mercato idonee al suo sviluppo, supportando anche le politiche settoriali con idonei progetti di sostegno e di promozione nazionali per il rilancio del “made in Italy”.

D’altra parte, l’importanza del settore suinicolo italiano viene da numeri che sono significativi. Sono oltre 100 mila le aziende, con oltre 9 milioni di capi suini. Il valore al consumo della carne suina è di 1,2 miliardi, quello dei salumi di 3,6 miliardi (460 milioni per le Dop). Solo nello scorso anno sono stati prodotti 9 milioni 900 mila prosciutti di Parma (con un giro d’affari di 1,7 miliardi di euro), mentre quelli di San Daniele sono stati circa 2 milioni e 700 mila.

Il documento della Cia ricorda la recente mobilitazione dei suinicoltori italiani e il confronto con Assica, l’organizzazione dei macellatori, che ha dato vita ad un importante “Piano di impegni esecutivi per il piano del settore suinicolo”. La crisi del settore, tuttavia, non è ancora risolta e la Direzione nazionale indica precisi interventi per garantire un futuro di certezze agli allevatori suinicoli italiani.

Tra le misure, la Cia evidenza la necessità di rafforzare l’identificazione e la comunicazione dell’origine italiana del prodotto (etichettatura obbligatoria dell’origine del suino, decollo del “Gran Suino Padano”, sviluppo delle Dop e delle denominazioni che prevedano la zona d’origine della carne), di procedere in tempi brevi alla riforma delle borse merci e nel contempo di costituire un “mercato unico nazionale”, di tutelare i salumi prodotti con carni di suini nati ed allevati in Italia e di favorire una trasparente informazione nei confronti del consumatore.

Non solo. La Direzione nazionale Cia sottolinea l’esigenza di procedere alla semplificazione degli adempimenti burocratici per le aziende suinicole, di attivare un’ azione sugli istituti di credito per la diminuzione dei tassi e per garanzie sui prestiti a breve alle imprese di allevamento zootecnico, di mettere in moto azioni di sostegno alle organizzazioni di prodotto che svolgono una reale e concreta azione di mercato, di sviluppare una politica di rafforzamento degli istituti di controllo della salumeria Dop italiana. Tutto ciò per garantire maggiormente i consumatori sulla reale qualità delle produzioni e di promuovere anche in questo settore politiche di sostegno all’assicurazione sul reddito.

Nel documento, inoltre, si rimarca l’importanza di creare un rapporto sinergico fra gli allevatori ed il sistema di macellazione e di trasformazione governato dalla cooperazione al fine di creare iniziative strategiche comuni finalizzate a sostenere e sviluppare la filiera della suinicoltura italiana, di programmare le produzioni nazionali in relazione al mercato per coprire le percentuali di prodotto importato, di giungere in tempi brevi alla piena attivazione ed al riconoscimento comunitario Dop del “Gran Suino Padano”.

Infine, la Cia sollecita iniziative volte ad acquisire quote di mercati esteri sui quali far giungere i nostri prodotti freschi e trasformati, sostenendo le imprese nelle loro azioni di penetrazione commerciale, avviando una politica di promozione dei consumi che coinvolga l’intera filiera e sensibilizzando le imprese di trasformazione di salumi Igp su percorsi di rafforzamento del legame della materia prima con la tradizionale area di produzione locale dei suini.

Di Alessandro Tartaglione

Direttore Responsabile di Campania Slow | Contatto Facebook: http://www.facebook.com/a.tartaglione

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