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1 milione e 200 mila ettari con circa 40.000 produttori, tra cui molti vitivinicoli: sono questi i dati che documentano la crescita dell’agricoltura biologica in Italia, i cui artefici sostengono da sempre l’assoluta genuinità dei loro prodotti “Ogm free”, seppur con qualche accidentalità compresa nello 0,1%, cioè il minimo percettibile dagli strumenti di analisi. L’entrata in vigore del nuovo Regolamento Comunitario sui prodotti agricoli biologici a partire dal 1° gennaio 2009, alzerà allo 0,9% la soglia di tolleranza consentita della contaminazione accidentale di Ogm, uguagliandola a quella dell’agricoltura convenzionale, a danno dei consumatori. Le Città del Vino si rivolgono al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Luca Zaia e al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Stefania Prestigiacomo sostenendo come unica via di uscita una legislazione per l’Italia che mantenga la soglia di tolleranza degli organismi geneticamente modificati allo 0,1%. Sarà questo uno degli argomenti di discussione e dibattito al Consiglio Nazionale dei comuni a più alta vocazione vitivinicola d’Italia il 6 dicembre a Lapio (Avellino).

“Le Città del Vino – sottolinea il Presidente Valentino Valentini – sono da sempre convinte sostenitrici di un’agricoltura “Ogm free”, e per questo riteniamo assolutamente necessario limitare rigorosamente la sperimentazione e che il Ministero imponga soglie massime di tolleranza della contaminazione non superiori allo 0,1%. Siamo fortemente preoccupati perché le decisioni assunte non sembrano tenere in giusta considerazione i rischi che possono derivare da una deliberata, seppur minima, diffusione nell’ambiente delle specie geneticamente modificate, e aumentano il rischio di sottostare agli interessi di pochi, multinazionali e grandi industrie alimentari, che vogliono introdurre le colture Ogm nel nostro Paese, a danno di un’agricoltura di qualità che invece con gli organismi geneticamente modificati non ha nulla a che fare”. Le Città del Vino aderiscono da sempre alla campagna di sensibilizzazione “Comune Ogm Free”, promossa da Legambiente, stimolando gli oltre 570 comuni soci – circa il 7% dei comuni italiani – a piantare il cartello “Comune libero da Ogm” all’ingresso dei centri abitati.

La Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, nella seduta dello scorso 20 novembre, ha dato il via libera allo schema di decreto del Ministero delle Politiche Agricole che adotta i protocolli tecnici relativi alla gestione dei rischi per la biodiversità agricola e il settore agroalimentare italiano derivanti dalla sperimentazione in ambiente aperto di organismi geneticamente modificati. Dal 1° gennaio 2009 con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento Comunitario sui prodotti agricoli biologici sarà consentita una tolleranza dello 0,9% di contaminazione accidentale di Ogm, uguale a quella dell’agricoltura convenzionale, eliminando quindi ogni differenza formale e sostanziale tra i due tipi di agricoltura, contravvenendo alla pur minima volontà di chiarezza verso i consumatori che percepiscono il biologico come “Ogm free”. La Commissione Europea non ha tenuto conto della volontà del Parlamento Europeo che prevedeva una soglia pari allo 0,1%, il minimo percettibile dagli strumenti di analisi. Purtroppo nessun Paese ha posto il veto, nemmeno l’Italia dove pure il biologico è in crescita, e che è il Paese che vanta una delle agricolture più ricche in qualità e diversificazione di prodotto.

L’unica via d’uscita è una legislazione italiana che preveda una rigorosa applicazione dei protocolli, salvaguardando così gli interessi dei produttori e dei consumatori. Questi ultimi, per altro in maggioranza, secondo innumerevoli sondaggi e raccolte di opinioni, sono oltretutto contrari all’acquisto e al consumo di prodotti contenenti Ogm. Una legislazione italiana di salvaguardia consentirebbe anche di rispettare le caratteristiche del nostro territorio agricolo che non consente, di fatto, la coesistenza tra un’agricoltura senza e con Ogm, data la costante promiscuità di coltivazioni presente in tutte le regioni italiane.

“Alle Regioni – prosegue Valentini – chiediamo di non applicare deroghe sull’obbligo di effettuare le sperimentazioni presso siti di Enti pubblici di ricerca e inoltre chiediamo di prescrivere, in sede di autorizzazione dei singoli eventi sperimentali, l’obbligo di pubblicazione periodica dei risultati sperimentali, affinché gli avanzamenti delle sperimentazioni siano pubblici e verificabili. Inoltre chiediamo che, prima dell’approvazione delle sperimentazioni, che si effettuano caso per caso, siano attuate delle efficaci consultazioni pubbliche, per altro già previste dalla normativa (D.M. 224/2003), nelle quali sia possibile discutere sull’oggetto e sulle finalità delle sperimentazioni stesse, al fine di garantire un processo di sviluppo innovativo realmente condiviso”.

Di Alessandro Tartaglione

Direttore Responsabile di Campania Slow | Contatto Facebook: http://www.facebook.com/a.tartaglione

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